Il vescovo bresciano Piccioli racconta il Papa missionario

Il prelato nativo di Erbusco e per 30 anni in Ecuador ha incontrato tre volte papa Leone XIV
In Perù: il Papa durante il suo incarico nella diocesi di Chiclayo - © www.giornaledibrescia.it
In Perù: il Papa durante il suo incarico nella diocesi di Chiclayo - © www.giornaledibrescia.it
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Hanno vissuto a 700 km di distanza l’uno dall’altro, in Ecuador uno e in Perù l’altro, ma per incontrarsi hanno dovuto aspettare di essere entrambi a Roma. A più di 10mila chilometri dal «loro» Sudamerica.

Il bresciano mons. Giovanni Battista Piccioli e l’allora cardinale Prevost si sono conosciuti lo scorso anno: il vescovo nativo di Erbusco è arrivato a Roma per incontrare il prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia commissione per l’America Latina per una questione delicata che riguardava la sua diocesi di Daule in Ecuador.

Quando vi siete conosciuti?

Lo scorso anno. Ci siamo visti tre volte: i primi due sono stati incontri veloci di un quarto d’ora, il terzo, invece, è durato un’ora. E c’è stato tempo anche per un caffè.

Che impressione ha avuto?

Ho capito subito di aver davanti un uomo molto colto, intelligente ed equilibrato. Una persona che ascolta, capace di dare consigli opportuni e che va al sodo senza giri di parole.

Una persona preparata e pratica insomma...

Sì, colto, ma di una cultura che fa restare umili. Mi è parso uno di quelli che approfondisce, chiede e che vuol capire.

E durante quel caffè bevuto insieme?

Avevo di fronte un uomo alla mano, per nulla superbo. È piacevole chiacchierare con lui, è una di quelle persone che è capace di mettere l’interlocutore a proprio agio.

Quando l’ha visto affacciarsi in piazza san Pietro?

Mai l’avrei immaginato prima. Mi ha colpito vederlo così emozionato. Un momento molto umano.

Da missionario secondo lei cosa dà ad un Papa aver fatto questa esperienza?

Avere un Papa missionario è un vantaggio: essere stati in missione fa essere più umani, dà la possibilità di capire meglio la gente, di essere più vicino ai loro problemi. A non stare sul piedistallo, ma alla stessa altezza delle persone: noi sacerdoti, a volte, parliamo dal pulpito e quel che diciamo passa sopra le teste di chi ci ascolta e non arriva al cuore.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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