Torturati e uccisi: 80 anni fa la strage della Val Dorizzo
In dieci vennero torturati e bruciati vivi, in uno degli episodi più cruenti perpetrati dalle SS e dai fascisti della brigata antipartigiana di stanza a Idro, nel panorama delle repressioni contro i «ribelli» avvenute dopo l’armistizio dell’8 settembre ‘43.
Avvenne il 7 ottobre del 1944 in un fienile di Valle Dorizzo. Ottant’anni dopo quei tragici eventi, Anpi e Cgil-Spi invitano tutti al ricordo e alla commemorazione.
Gli interventi. L’appuntamento è per questa domenica, 6 ottobre, alle 10 al cippo che nella piccola frazione bagossa, lungo la strada che porta al Gaver, ricorda l’eccidio. Per l’occasione interverranno Dario Scarsi a nome dei familiari dei caduti, un rappresentante della segreteria Spi-Cgil di Brescia ed il presidente provinciale dell’Anpi Lucio Pedroni.
Una strage della quale solo recentemente sono stati ricostruiti i contorni, dopo decenni di omertoso oblio, con le recriminazioni che troppo a lungo hanno covato sotto la cenere di quel casolare. Perché? Qualcuno quei giovani li aveva considerati solo dei banditi, in quanto per sopravvivere alla macchia certo avevano requisito in zona del bestiame, e la loro cattura avvenne grazie alle indicazioni di spie locali. Di più: la «Banda Dante», di cui facevano parte, non aveva aderito ufficialmente ad alcuna formazione partigiana.
Il libro
Ad accendere un faro su quei fatti e sulla loro storia, il volume di Tiziano Ratti «Testimonianza partigiana a Bagolino e nella Valle del Caffaro», dato alle stampe nel 2005. I dieci si chiamavano Dante ed Erminio Scalvini, Placido e Giuseppe Bazzani, Guido Fusi, Vincenzo Cariglioli, Giacinto Rizzeri, Walter Kreinski, Giacomo Baga e Paolo Garzoni. Certo morirono da partigiani. Vennero circondati e catturati nottetempo da quaranta SS di «Itzia Ilois» di stanza a Bagolino, ai quali si aggiunse un folto gruppo di fascisti alloggiati all’albergo Milano di Idro.
In tutto un centinaio di persone. Otto colti di sorpresa nel fienile, dopo una serata di baldoria, altri due dopo uno scambio di fucilate presso il vicino deposito delle armi. Massacrati di botte e gambizzati, vennero legati e mentre erano ancora vivi, intorno alle 13, dati alle fiamme con tutto il fienile. La madre dei fratelli Dante ed Erminio, legata anch’essa, fu costretta ad assistere allo scempio.
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