Parla il figlio di Karroua: «Papà è un uomo buono, non un terrorista»

A parlare è uno dei cinque figli del 46enne di Barghe arrestato mercoledì con l’accusa di terrorismo legato alla Jihad: di origine marocchina, è cittadino italiano dal 2013
L'ingresso di Canton Mombello - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso di Canton Mombello - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
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Parla da figlio spaventato per il presente e il futuro e sotto choc. Travolto dall’arresto del padre, portato in carcere con l’accusa di terrorismo. «Le accuse contro di lui non rispecchiano per niente la persona buona che è» racconta uno dei cinque figli di Rachid Karroua, il 46enne di origini marocchine arrestato su ordinanza di custodia cautelare dal Gip di Perugia perché in rete avrebbe inneggiato alla Jihad attraverso canali Whatsapp e Telegram «riconducibili allo Stato Islamico, cui era possibile accedere – secondo chi indaga – esclusivamente dietro invito di altro appartenente». E finito nella rete dei controlli della Polizia postale di Perugia e per questo l’inchiesta è stata coordinata dalla Procura umbra, che ora ha trasmesso gli atti ai colleghi di Brescia.

La famiglia

Il figlio del 46enne crede alla versione fornita dal padre agli inquirenti. E non ha dubbi sulla buona fede del genitore. «Spinto da semplice curiosità si è trovato in gruppi Telegram di cui appena ne ha scoperto il danno a livello morale e sociale ha fatto un grande passo indietro uscendone» spiega il figlio dell’operaio detenuto a Canton Mombello da giovedì.

Rachid Karroua vive in Italia da una vita, dal 22 dicembre 2013 è cittadino italiano, lavora come operaio in un’azienda della Valsabbia e ad oggi è incensurato. Per gli inquirenti l’uomo aveva sia scaricato sia conservato materiale di propaganda jihadista e ricercato su fonti aperte anche manuali e istruzioni per fabbricare armi artigianali. «Mio padre è una persona pacifica e non legata assolutamente a queste cose» assicura il figlio difendendo il genitore che nell’interrogatorio di convalida dell’arresto ha rigettato ogni accusa. Gli inquirenti nella cantina di casa gli hanno trovato manoscritti in arabo su esplosivi e armi. Elemento che ha spinto i pm a chiedere e ottenere l’arresto del 46enne residente a Barghe. «Non ho mai visto quei fogli» giura il figlio cresciuto come gli altri quattro fratelli in provincia di Brescia.

Vita all’occidentale

«Ho ricevuto un’educazione occidentale mantenendo legami con la nostra terra di origine, il Marocco. Mio padre facendo sacrifici ha dedicato la vita per provvedere a noi cinque figli. È sempre stato una persona generosa come possono testimoniare tutti gli abitanti della valle; credo dunque nella giustizia e spero che il terrore ahimè generato da questa vicenda in cui è finito coinvolto non pregiudichi per sempre un uomo buono. Ripeto – conclude il figlio del 46enne arrestato per terrorismo – in quei canali è entrato solo per curiosità, ma non perché è un terrorista».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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