Superbonus, allarme e appello dalle Rsa dopo la stretta sugli enti non profit

Stop dal nuovo decreto in vigore dal 30 marzo a onlus, case popolari e cooperative di abitazioni. Cosa succede adesso
Un'anziana in carrozzina in una rsa (foto simbolica)
Un'anziana in carrozzina in una rsa (foto simbolica)
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Una retromarcia c’è stata: i cantieri per la ricostruzione dopo i terremoti sono salvi. Ma il nuovo decreto sul Superbonus, approvato in Consiglio dei ministri martedì 26 marzo e in vigore dal 30 marzo, continua a suscitare preoccupazioni e proteste. Un alto grido d’allarme arriva dalle onlus che perdono la possibilità di beneficiare dello sconto in fattura e della cessione del credito per lavori di efficientamento energetico e miglioramento strutturale. Significa – tra l’altro – che molte strutture per anziani dovranno rinunciare a progetti per ridurre i consumi e diventare ancora più accoglienti. In Italia, infatti, oltre la metà dei posti letto nelle Rsa è gestita da enti non profit.

I numeri

In provincia di Brescia le Residenze sanitarie assistenziali autorizzate sono un centinaio – 89 nel territorio di Ats Brescia e 14 in Valcamonica-Ats Montagna – con circa 4.800 posti letto complessivi (cui vanno aggiunti i 300 posti dei Cdi, i Centri diurni integrati); tra queste il 44% (ovvero il 60% dei posti letto) è interessato a opere di miglioramento.

Emerge da una veloce ricognizione interna, svolta proprio in occasione dell’approvazione del decreto, alla quale hanno risposto 52 enti gestori su 73 (alcuni enti gestiscono più di una struttura): gli interessati a interventi con il Superbonus sono ben 46 per un totale stimato di circa 308 milioni di euro – ovviamente non tutti a carico dello Stato, puntualizzano gli stessi enti oltre a constatare che quella dello sconto in fattura e della cessione del credito era un’opportunità unica per le onlus.

A che punto sono

In particolare, otto enti gestori hanno già cominciato i lavori, 23 hanno sottoscritto il contratto per l’esecuzione delle opere e 40 hanno già assegnato l’incarico per la progettazione preliminare. Quindici enti, poi, hanno presentato la Cilas (Comunicazione di inizio lavori asseverata Superbonus) prima del 26 marzo, 22 lo hanno fatto contestualmente alla notizia del decreto mentre, alla stessa data del 26 marzo, 16 erano in fase di valutazione. Circostanze, queste ultime due, di non poco conto. Perché va detto che il provvedimento, approvato a sorpresa (non era all’ordine del giorno) su proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti con l’obiettivo di limitare i costi della misura, non è retroattivo, al fine di salvaguardare chi abbia già avviato l’iter per i lavori; e questo giustifica le molte Cilas presentate nello stesso giorno del 26 marzo (si è poi chiarito che c’era tempo fino al 30), ovviamente senza vere e proprie «corse» in considerazione della complessità del lavoro che precede questo passaggio.

Ma è anche prevedibile che chi stava ancora valutando il da farsi abbia deciso di fermarsi. «È uno schiaffo alle onlus», ha dichiarato senza mezzi termini Franco Massi, presidente nazionale dell’Uneba (Unione nazionale iniziative di assistenza sociale).

Gli altri coinvolti

Oltre agli enti non profit, il nuovo decreto riguarda Iacp (case popolari) e cooperative di abitazioni a proprietà indivisa ma, come si diceva, non più le aree terremotate. Infatti giovedì 28 marzo, il giorno prima dell’approvazione del decreto in Gazzetta ufficiale, il Governo ha fatto marcia indietro ripristinando lo sconto in fattura e la cessione del credito nelle zone colpite dai terremoti del 2009 (Abruzzo) e del 2015 (Centro Italia).

I molti appelli al riguardo hanno quindi avuto l’effetto auspicato. Anche tra le altre realtà, però, c’è chi fa sentire la propria voce. Come le Rsa di Brescia che attraverso l’Upia (Unione provinciale istituti per anziani) hanno scritto ai sindaci dei Comuni coinvolti, al presidente della Regione Lombardia Fontana e agli assessori Bertolaso e Lucchini.

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