«Basta armi nucleari»: il presidio davanti all’aeroporto di Ghedi
«Per riaffermare il primato del diritto sulla politica. Perché non vogliamo essere né vittime né carnefici di un conflitto nucleare. Per chiedere la rimozione delle bombe e lo smantellamento della Nato».
Con queste motivazioni, alcuni attivisti di «Donne e uomini contro la guerra», del «Centro sociale 28 Maggio», di «Abbasso la guerra» e di altre realtà, tra cui «Rifondazione comunista», hanno organizzato un presidio e una conferenza stampa davanti all’ingresso dell’aeroporto di Ghedi. Tre i relatori: Elio Pagani, Ugo Giannangeli e Beppe Corioni.
La denuncia
Non è la prima volta che, appellandosi alla Legge 185 del 1990, che introduce norme sul controllo del commercio e del transito di armamenti in Italia, attivisti, pacifisti e antimilitaristi denunciano la presenza, che loro giudicano illegale, di armi nucleari nelle basi di Ghedi e Aviano. Con scarsi risultati, come testimonia la denuncia presentata alla Procura di Roma nel 2023, poi archiviata «perché il giudice ha ritenuto di non poter interferire con scelte prettamente politiche».
Decisione che gli attivisti contestano, perché «se la magistratura deve essere indipendente dalla politica, allora un atto politico può essere indagato». Ergo, secondo gli organizzatori i giudici hanno il diritto e il dovere di far rispettare la Legge 185.
«L’Italia si prepara alla guerra»
In particolare, Giannangeli se l’è presa «bipartisan» con la destra e la sinistra: «In contesti diversi, Antonio Tajani da una parte e Piero Fassino dall’altra hanno detto la stessa cosa: che il diritto conta poco».
Secondo Corioni «l’Italia si sta preparando alla guerra: sotto il titolo di “Emergenza Ucraina, eventuale rischio nucleare”, Regione Lombardia ha deciso di istituire 30 depositi di stoccaggio di ioduro di potassio». Notizia ancora più grave, «se si considera che ancora non c’è quel Piano di emergenza che più volte abbiamo sollecitato».
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