Scontri al corteo pro Pal: altri tre manifestanti perquisiti

Altri tre manifestanti che hanno aderito al corteo Pro pal di una settimana fa per le vie del centro di Brescia e conclusosi con gli scontri con le forze dell'ordine nella zona della Stazione, sono stati perquisiti a casa all'alba.
I tre non erano presenti in casa domenica e quindi nei loro confronti il provvedimento è scattato con ventiquattr'ore di ritardo.
La Questura ha contestualmente firmato per tre di loro un foglio di via, che vieta alla persona di rimettere il piede in città per un periodo, tre daspo e tre avvisi orali.
Nel corso delle perquisizioni sarebbe stato trovato materiale d'area anarchica e appunti su come gestire le manifestazioni e gli scontri con le forze dell'ordine. I manifestanti finiti sotto l'occhio della magistratura sono accusati a vario titolo di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale.
La replica degli antagonisti
Le perquisizioni, tra la mattinata di domenica e quella di lunedì, sarebbero state in tutto sette. Tante quante le persone indagate, stando a quanto hanno riferito i rappresentanti dell’Associazione Diritti per Tutti Umberto Gobbi, gli avvocati Manlio Vicini e Sergio Pezzucchi e la portavoce del collettivo Onda studentesca Matilde Zanardelli nel corso della conferenza stampa indetta al Magazzino 47 proprio per commentare i provvedimenti presi dall’autorità giudiziaria l’indomani gli scontri del 22 settembre in piazza della Repubblica. «Le accuse – hanno detto – vanno dall’imbrattamento, al travisamento, alla resistenza a pubblico ufficiale. Le perquisizioni, hanno proseguito, si sono concluse con il sequestro di alcune felpe, di alcune foto di scontri tratti da internet e dei manoscritti critici nei confronti della società della videosorveglianza e nei confronti dell’attuale governo».
In conferenza stampa sono stati dati anche i numeri dei provvedimenti che sarebbero stati presi fino ad ora. Si tratterebbe di tre daspo, tre avvisi orali ed un foglio di via della durata di due anni dal territorio del comune di Brescia.
«Non abbiamo paura»
«La finalità esclusiva di queste misure e di questi provvedimenti – sostiene Umberto Gobbi – è quella di intimidire i manifestanti. Questo governo è spaventato dalla imponente partecipazione di giovani e giovanissimi, dalla loro voglia di cambiamento, vuole reprimerla con accanimento giudiziario e con la politica del cambiamento». Quanto ai fatti di lunedì 22 settembre Gobbi attacca direttamente il questore Paolo Sartori. «Mente. A dirlo sono le immagini. Il corteo procedeva verso la stazioni a mani nude. Non c’è stato nessun lancio che giustificasse quella che lui chiama una carica di alleggerimento. Le manganellate che i suoi uomini hanno dato hanno ferito seriamente alcuni giovanissimi. Abbiamo qui i referti medici degli ospedali, dove si parla di lesioni, di punti di sutura, di denti rotti e da ricostruire. Non abbiamo paura di mostrarglieli. E lui, perché non ci mostra quelli dei suoi poliziotti?».
Stato di necessità
L’avvocato Manlio Vicini ha anticipato quella che potrebbe essere la linea difensiva nell’eventuale futuro processo a carico dei manifestanti indagati. «I manifestanti hanno agito per stato di necessità – ha spiegato il legale –: al tempo della guerra in Iraq diversi compagni furono processati per aver bloccato i binari, per impedire che materiale bellico arrivasse sul fronte. Furono tutti assolti, proprio perché avevano agito per necessità. Oggi la situazione è ancora più grave di allora. Lo stato di necessità è giustificato da quello che l’Onu ha definito un genocidio».
Pronti a scendere in piazza
«Questo governo vuole criminalizzare il dissenso, ma non ci intimidisce, non ci ferma – assicura Matilde Zanardelli – anzi. Siamo pronti a scendere ancora in piazza. Se bloccheranno la Sumud Flotilla non staremo certo in silenzio».
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