A San Polo c’è un educatore «di strada» che crea un ponte con l’oratorio

Marco Papetti
Fa parte del progetto «Tutto il sole che c’è» lanciato da due parrocchie bresciane e che guarda ai giovani in situazioni di marginalità
Dei ragazzi - © www.giornaledibrescia.it
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Due educatori dentro l’oratorio per chi lo frequenta, un «educatore di strada» fuori per coinvolgere chi in oratorio ci va di passaggio o per portarvi disturbo. Con l’idea di creare anche una rete per rispondere alle difficoltà con l’inclusione. A San Polo sta entrando nel vivo il progetto biennale «Tutto il sole che c’è», che coinvolge le parrocchie della Conversione di San Paolo e di Sant’Angela Merici: lo scorso anno si è aggiudicato un finanziamento di oltre 60mila euro del bando «Porte aperte» di Fondazione Cariplo.

Target

Il progetto guarda in particolare ai ragazzi in situazioni di marginalità, alcuni dei quali autori di azioni di disturbo o violente: «Si chiama “Tutto il sole che c’è”, perché San Polo è a Est, dove sorge il sole, e perché il sole lo portano tutti», spiega don Marco Mori, parroco della Conversione di San Paolo, capofila del progetto di cui sono partner Sant’Angela Merici e la cooperativa Il Calabrone.

Don Marco Mori - © www.giornaledibrescia.it
Don Marco Mori - © www.giornaledibrescia.it

Tutto nasce da un periodo difficile per i due oratori, vittime oltre due anni fa di episodi di criminalità: «Venivano gruppi di ragazzi a usare violenza, io stesso fui minacciato con un coltellino - racconta don Mori -. La gente scappava, gli adulti erano spaventati e anche noi. C’è stato bisogno dell’intervento delle forze dell’ordine, ma ci siamo detti che non poteva bastare: così abbiamo colto il bando per rafforzare l’aspetto educativo». Oggi non ci sono problemi così gravi, ma, spiega don Marco, «abbiamo sempre situazioni un po’ al limite».

Su più fronti

Il progetto prevede due educatori in oratorio «che rafforzano le attività fatte con i ragazzi che lo frequentano», spiega don Marco. Un altro educatore - «di strada» - cerca invece di costruire un ponte tra i ragazzi che stanno «tra il cancello, il muretto e la strada» e le parrocchie: «Abbiamo iniziato monitorando i gruppi che si muovono tra i due oratori: è una fase educativa “di soglia” - racconta l’educatore Francesco Capretti -. Sono entrato in contatto con una cinquantina di adolescenti e preadolescenti che vengono negli oratori per giocare a calcio o stare nel cortile, a volte disturbando ma senza atti eclatanti.

È emerso il bisogno di un luogo dove inserirsi e giocare che non siano il parco, la fermata della metro o il Margherita d’Este. Ora è in corso un’azione di prevenzione e di creazione di un gruppo per inserirli in attività nuove e strutturate».

Rete

Nei prossimi mesi il progetto cercherà di consolidare una rete con le istituzioni, tra cui il Tribunale dei minori, e le realtà del territorio per indirizzare i ragazzi autori di reati in percorsi di giustizia riparativa, anche negli oratori dove alcuni hanno commesso violenze. «Dipende da loro, dal contesto e se chi ha subìto violenza se la sente», spiega don Marco. Il fine di tutto, conclude, è «lavorare con i ragazzi dentro l’oratorio e con quelli fuori, ricucire le ferite se ci sono state e costruire azioni comuni».

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