San Paolo, 300 presepi raccolti nella chiesa del Sacro Cuore
Circola, in qualche parte, una chiesa con trecento presepi, veri, creati, costruiti, mostrati, provenienti da ogni parte del mondo? Se sì, noi terminiamo qui il nostro articolo; diversamente abbiate la pazienza, moralmente uguale a quella di don Franco Tortelli, autore e curatore di questa magnifica esplorazione presepiale, di seguirci ancora per un poco.
Il luogo è San Paolo, il luogo dei trecento presepi, la chiesa del Sacro Cuore, ex oratorio di Pedergnaga, est del paese perché a ovest c’era Oriano ed è una storia quasi antica. Poi monsignor Verzeletti, in onore del nuovo Papa, oggi San Paolo VI, briga e disbriga e porta al mutamento del nome in San Paolo. Le battaglie non furono presepiali. Oggi la partita è chiusa e qui, nell’ex oratorio di Pedergnaga, danza la fede sconvolgente di San Francesco, il quale, a Greccio, di fatto, fonda l’anima concreta e mondiale del presepio: venite adoremus…
E c’è un libretto di storia di sentimenti familiari, di ispirazione nella speranza della pace, un richiamo ad esserci e unirci intorno a quel Bambino, all’interpretazione misteriosa di un’infanzia che vivemmo nello spirito dell’essenza del bisogno e non oltre che ci rese, spesso, felici con il cuore scoppiettante di gioia. Come quando raccogliemmo l’erba tèpa – il muschio, no – e ci congelammo mani e piedi poi scaldati nel forno di una stufa uguale da San Paolo a Casto, da Lonato a Palazzolo. Fummo felici nell’alleanza di un presepio e la prima acqua la scoprimmo su non molte gocce in discesa da una carta stagnola: miracolo!
Il libro che accompagna
Luciano Costa e Franco Tortelli curano questo libretto e lo donano a chi viene a vedere i trecento presepi (fino al 6 gennaio, festivi ore 9-12 e 14-17, feriali ore 15-17, richiamati i volontari del Bambino). Se non verrete, vi pentirete. Il titolo dell’operetta – «Piccola scena... Grande evento!» – si illumina da sé.
Costa entra spiritualmente nel pertugio del mistero, come un minatore che intende salvarsi dall’esplosione della miniera, il grisù avvolge e lui salta in avanti e trova: «Era il 25 dicembre del 1223 quando Francesco, che aveva abbandonato la veste di ragazzaccio attaccabrighe e abbracciata quella del sognatore di mondi in cui la povertà era felicità e il pezzente affamato suo prossimo da amare come e più di se stesso, passando per Greccio, villaggio più aduso ai lupi che agli umani, vista la greppia malconcia di una stalla antica anche lei vuota e malconcia, decise di trasformarla, così come era avvenuto a Betlemme in una culla pronta ad accogliere custodire la vita nascente. "Da adesso – disse Francesco ai suoi compagni d’avventura – questo sarà il nostro presepio"».
Agostino Garda, appena gli raccontiamo della bravura di Luciano Costa e Franco Tortelli, suggerisce il proverbio del vino vecchio che migliora e allora Luciano e Franco sono... l’Amarone puro di questo santo Natale.
La scultura di Sanzeni
Dei trecento presepi del mondo, non è possibile illustrarli, mostreremo alcune fotografie e garantiremo all’artista scultore Lino Sanzeni la lettura veloce del suo Gesù, avvolto da un corpo di marmo quasi piramidale in cui si rapprendono tutte le macerie del mondo e un viso di ferro battuto a dimensione della fatica del vivere già, appena nato, nella sapienza di un Golgota non lontano che una quarantina di giorni. Intanto arrivano i pastori dei paesi della pianura e della montagna, delle città e delle periferie, i paesi sofferenti e calmi di bene, in questi giorni, di chi si chiede salute e un cincinino di bene stare. Auguri mille e per mille volte.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.




























