Intelligenza artificiale e revenge porn: condanne vere anche con foto false

Una denuncia pubblica, seguita da quella alle forze dell’ordine. Jolanda Renga non si è fatta intimidire. Ricevuta la minaccia, evidentemente anonima, la 21 figlia di Francesco Renga ed Ambra Angiolini non ha dato seguito alle richieste del coraggioso «estorsore». Il messaggio ricevuto lo scorso venerdì era chiaro: «Se tua mamma Ambra non mi darà 10mila dollari pubblicherò le tuo foto nuda online».
Faccia pure, ha fatto capire la giovane che ha trasformato la situazione, quanto meno antipatica, nell’occasione per invitare chiunque si trovi sotto analogo ricatto a non perdersi d’animo e a denunciare. Anche se, come nel caso suo, l’arma del ricatto non esiste. Nel suo post Jolanda Renga afferma di non aver fatto e inviato suoi file di nudo o in atteggiamenti espliciti, aprendo così all’ipotesi che il ricattatore abbia lavorato di intelligenza artificiale.
Non sarebbe il primo caso. E purtroppo non sarà nemmeno l’ultimo. Si chiama deepnude ed è probabilmente la forma più odiosa di deepfake, la balla (fake) creata con l’intelligenza artificiale (o meglio con il deep learning). Istruita a dovere, l’AI può spogliare immagini di persone vestite, ma anche sostituire il volto di una persona in pose erotiche con quella della vittima messa nel mirino. Lo può fare in pochi passaggi, in pochi minuti, con una resa altissima, tanto verosimile appare il prodotto finito.
Virtuale reale
Potenzialmente dunque non si è al riparo nemmeno se non si condividono file e neppure ne non si producono nemmeno. Contro il futuro, questo tipo di futuro, si gioca ad armi davvero impari. Non resta che denunciare alle forze dell’ordine. Anche perché, che le immagini siano originali o create con app e diavolerie digitali, alla legge questo non interessa. Chi piega l’intelligenza artificiale a ignobili fini rischia il carcere fino a cinque anni come chi le immagini privatissime ha prodotto o ricevuto e diffuso senza autorizzazione.
L’ordinamento si è appena dotato di un articolo che punisce l’illecita diffusione di contenuti generati o alterati con sistemi di intelligenza artificiale. «Chiunque cagiona un danno ingiusto ad una persona – recita l’art. 612-quater –, cedendo, pubblicando o altrimenti diffondendo, senza il suo consenso, immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla loro genuinità, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.