Referendum, quorum lontano: oggi seggi aperti dalle 7 alle 15

La città (26,89%) più di tutti, la provincia (20,29%) meno della Lombardia (23,77), la Lombardia più del Paese. Non è un affresco definitivo: c’è ancora la giornata di oggi (chi vuole dire la sua, può farlo dalle 7 alle 15). Ma non è neppure un affresco trascurabile: del resto, la misura di questo referendum è «quanto», ancor prima che «come». Tradotto: affinché sia efficacie, bisogna raggiungere il quorum, vale a dire che a recarsi ai seggi deve essere il 50%+1 dei potenziali elettori. E a misurarlo è il termometro dell’affluenza che, alle 23 di ieri, si è inceppata a un impietoso 22,67% nazionale. L’emblema che nella prima giornata di voto il «quanto» non è ancora abbastanza per scongiurare il nulla di fatto. Per non rendere «nulla» questa votazione, l’unica chance è che entro le 15 di oggi 15.021.170 italiani decidano di partecipare.
Per il momento, dopo sedici ore di sezioni aperte, non c’è alcun guizzo: anche le variazioni tra i cinque quesiti sfiorano l’irrilevanza. La normativa, lo ricordiamo, prevede infatti la possibilità di ritirare anche solo una o alcune delle cinque schede e tutti gli occhi sono puntati su quella gialla, relativa alla riduzione dei tempi, da dieci a cinque anni, per ottenere la cittadinanza: un fronte che, alla vigilia del voto, era stato ritenuto come quello, se non con maggiore «appeal», almeno come il più «trainante».
La fotografia
Guardando all’andamento locale l’antifona si è capita già alle 12: la geografia del primo exit poll sull’affluenza si è pressoché confermata anche alle 23. Per questo, alcune considerazioni sono già possibili. Il capoluogo conferma il suo posto tra le agorà più partecipative superando sia la media regionale sia quella nazionale, ma non è la numero uno dell’elenco. Tra i territori più reattivi al voto c’è in primis l’hinterland: Collebeato per cominciare, dove nella prima giornata di voto ha scelto di recarsi ai seggi il 31,27% degli aventi diritto. Ma anche Cellatica (26,30%), Longhena (28,72%), Roncadelle (27,07%), Bovezzo (26,93%), Castegnato (26,89%). La classifica letta al contrario disegna, invece, la geografia dei territori in cui l’affluenza è risultata più bassa. A partire da Valvestino (6,58%) che, stando ai dati disponibili alle 23.30 risulta essere tra i comuni con la maggiore apatia elettorale. È in buona compagnia: a Collio si è presentato ai seggi il 7,50% della platea elettorale, a Casto il 7,63%, a Corteno Golgi l’8,10%, a Provaglio Valsabbia l’8,73% e a Marmentino il 9,08%.
Analisi
Azzardando una preliminarissima analisi politica, si potrebbe dire che anche il referendum rispecchia a grandi linee il classico schema che si ripropone per le elezioni Politiche, Regionali e Amministrative: capoluogo al centrosinistra (da cui è arrivato l’appello al voto) e buona parte della provincia al centrodestra (che ha invece invocato l’astensionismo). Altro dato da segnalare: si può già dire con certezza che il test popolare sui quesiti che riguardano lavoro e cittadinanza, a Brescia non restituirà la peggiore performance referendaria: i minimi termini, infatti, sono stati raggiunti nel 2009, in occasione della consultazione sulla legge elettorale, quando a recarsi alle urne fu solamente il 15,86% dei bresciani.
Paragone
Il paragone più calzante andrebbe tuttavia fatto con il referendum sull’acqua del 2011, anche quello organizzato su due giornate (12 e 13 giugno) e con più quesiti (quattro) sottoposti ai cittadini. Il raffronto però è spietato: in fondo a quella prima giornata di consultazioni l’affluenza nel Bresciano aveva raggiunto il 40,93% (toccando il 43,64% in città). Una fotografia ben lontana da quella che le urne hanno restituito ieri: questa chiamata referendaria, con la difficoltà di raggiungere il quorum, incombe sulle prospettive dello scenario politico. Certo, oggi una «rimonta» della partecipazione è possibile. Ma ardua.
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