Per le cure i bresciani pagano di tasca propria quasi un miliardo di euro all'anno

La spesa sanitaria privata è in costante crescita, così come i prestiti per pagarla pari a 47 milioni di debiti
In molti ricorrono a prestiti per pagarsi le cure private
In molti ricorrono a prestiti per pagarsi le cure private
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Di tasca propria in un anno i bresciani hanno speso circa 960 milioni di euro per curarsi. Una cifra che negli ultimi cinque anni è costantemente aumentata, tanto che nel 2023 era superiore del 43% rispetto a sei anni prima.

A livello nazionale la spesa sanitaria privata è pari a 40,26 miliardi di euro da aggiungere a quella pubblica, anch’essa in costante crescita, che si attesta sui 129,2 miliardi.

Si tratta di consumi sanitari sostenuti direttamente dalle famiglie (ovvero pagati direttamente dal cittadino di tasca propria o indirettamente attraverso assicurazioni sanitarie e fondi sanitari) e che possono essere interpretati in due modi: da una parte, la libera scelta di ciascuno di pagarsi privatamente visite e terapie; dall’altra, la costrizione a sborsare denaro per ottenere le prestazioni che il Servizio sanitario non è più in grado di garantire in tempi utili.

Come siamo tutelati

In entrambi i casi, l’analisi della spesa privata fornisce indicazioni sull’effettiva tutela offerta dal Servizio sanitario nazionale rispetto ai rischi economici derivanti dalla malattia, e dalla sua tenuta nel tempo.

Dalla visita medica a pagamento (dentro o fuori l’ospedale), al dentista, agli esami specialistici ma anche per farmaci e dispositivi medici, senza dimenticare il ticket.

La spesa maggiore è costituita largamente dall’acquisto di farmaci, ma è in costante aumento anche quella per prestazioni specialistiche e diagnostiche legate alla necessità di evitare liste d’attesa troppo lunghe.

Pagare è spesso l’unica strada percorribile, senza alternative se non quelle di attendere mesi e mesi, soprattutto per alcuni esami di diagnostica strumentale (tac o risonanza).

La spesa «out of pocket», di tasca propria, secondo la Ragioneria generale dello Stato ha superato i 40 miliardi di euro e rappresenta ormai un quarto della spesa sanitaria totale.

Dall’analisi emerge che tra le famiglie più abbienti quelle che ricorrono a spese sanitarie private superano l’80%; tra quelle meno abbienti non si raggiunge il 60%.

I prestiti

Un altro elemento fornisce informazioni che indicano la progressiva incidenza del fenomeno dell’impoverimento causato da spese per consumi sanitari, ed è quello dei prestiti destinati alle cure mediche.

Dall’analisi, realizzata su un campione di 400mila domande di finanziamento raccolte online da Facile.it e da Prestiti.it, emerge che il peso percentuale delle domande di prestiti di denaro destinati alla sanità nel 2023 è aumentato del 6,6% rispetto all’anno precedente.

La Lombardia è al nono posto nella classifica nazionale con un peso percentuale pari al 4,57% di prestiti richiesti (la media italiana è pari a 4,7) su un miliardo di euro erogati per pagare le cure mediche. Il numero assoluto di questa percentuale riferito a Brescia è pari a 47 milioni di indebitamento in un anno, con una durata media di finanziamento di circa quattro anni.

Quanto serve

L’importo medio richiesto dal singolo (per sè o per la famiglia) è di 6.152 euro. A presentare la domanda, in base all’analisi effettuata, sono persone mediamente di 46 anni e mezzo. «Età più alta se confrontata con quella di chi richiede finanziamenti per scopi diversi e che supera di oltre quattro anni l’età media di chi si rivolge, in generale, ad un istituto di credito» affermano da Facile.it, committenti dell’indagine. Quasi una domanda su quattro viene presentata da persone di età compresa nella fascia 45-54, il 20,9% sono coloro che hanno tra i 35 e i 44 anni e il 18,6% sono persone tra i 55 e i 64 anni. Dalla ricerca emerge, anche, che nel 42,8% dei casi la domanda per spese sanitarie viene inoltrata da una donna, percentuale molto più elevata rispetto alle richieste di prestito totali dove la quota femminile di richiedenti si ferma al 28,2%.

La rinuncia

La rinuncia alle cure si aggrava nelle fasce sociali svantaggiate, raggiungendo il 37% tra coloro che riferiscono di avere molte difficoltà ad arrivare alla fine del mese con le risorse di cui dispongono nel caso in cui, alla spese ordinarie, si dovessero aggiungere quelle straordinarie legate ad un problema di salute.

La salute diventa, così, un bene di lusso. Che ha un prezzo, come tutti gli altri beni che compriamo. Del resto, se si ha bisogno di un servizio o una prestazione in tempi brevi (o almeno ragionevoli) e il pubblico non è in grado di erogarli, il cittadino guarda al privato. Non tutti, però, possono permettersi di pagare e, quindi, la sanità diventa una merce che può essere acquistata senza fatica da coloro che hanno disponibilità economiche, con molte rinunce da chi ha bassi redditi, ma che diventa inavvicinabile - un bene di lusso, appunto - da chi ha ridotte disponibilità. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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