Per il 30% dei giovani la gelosia è una dimostrazione d’amore
Insieme alla sua vita sociale ha perso dodici chili che ha riempito di rabbia. Se le domandi perché, come sta, come si sente, abbozza una smorfia scocciata, alza gli occhi al cielo e, come se stesse pronunciando una condanna, risponde: «Chiedilo a loro». Che la conversazione sia finita lo fa capire alzando lo stereo che in loop suona «Quanto forte ti pensavo» di Madame. Quei «loro» a cui Linda (il nome è di fantasia) rimpalla ogni responsabilità sono mamma Fiorella e papà Roberto, genitori di una sedicenne che si sta disintossicando da quello che crede (lo crede ancora) essere un amore da romanzo, una storia struggente e per questo «giusta». Ma ad accorgersi che il piano stava diventando troppo inclinato, che le storture di una relazione ossessiva stavano scivolando in reazioni pericolose non sono stati loro, ma i genitori del suo fidanzato, di un anno più grande. «In un pomeriggio, ci è crollato il mondo addosso. Insieme, noi e loro, abbiamo iniziato a fare più attenzione ai comportamenti di entrambi i nostri figli, a uscire prima dal lavoro e ad osservare». E quello che hanno visto li ha spaventati.
Una mania
L’ossessione di Linda e Marco stava lì, in gesti quotidiani. Le telefonate ogni venti minuti. La tempesta di messaggi, anche durante le ore di lezione. L’app per localizzare i rispettivi cellulari. Le uscite quasi sempre in solitaria, perché «l’ho vista quella (o quello) come ti ha squadrato». Persino la scelta dei vestiti aveva bisogno della reciproca approvazione. Poi le liti isteriche, le urla, quel ripetere sempre «sei solo mio» e «sei solo mia». I pugni contro i muri e gli armadi di casa, uno schiaffo intravisto da una porta socchiusa e archiviato con un bacio qualche attimo dopo. «Dobbiamo intervenire subito, insieme» si sono detti i genitori. Lo hanno fatto, hanno chiesto aiuto. «Non smetteremo mai di ringraziare i genitori di Marco: sono stati una sentinella necessaria e i primi a mettere in discussione gli atteggiamenti del figlio. Che poi erano esattamente gli stessi di nostra figlia» spiegano Fiorella e Roberto. Ora che il percorso psicologico ha imposto regole e distanze, però, Marco non parla più con i suoi, ha iniziato a fumare un pacchetto di sigarette al giorno e trascorre la maggior parte del tempo in palestra. Linda, invece, non mangia. Perché – come ha strillato in faccia alla madre – «noi ci amiamo e voi ci volete dividere. La gelosia c’è perché ci importa l’uno dell’altra».
La storia di Linda e Marco non compare in nessun «report». Ma non tutto si conta con i report: ci sono storie che raccontano un trend, numeri sparsi che tratteggiano una direzione o che descrivono un fenomeno al quale prestare attenzione, sul quale è ancora possibile intervenire prima che si cristallizzi in un inesorabile report di fine anno. E ad indicarci l’abisso in cui parte degli adolescenti e degli under 21 rischiano di sprofondare è la ricerca «Giovani voci per relazioni libere», condotta da «Differenza donna» appunto tra ragazzi e ragazze tra i 14 e i 21 anni. Un dossier disarmante, che oggi, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, deve risuonare come un campanello d’allarme collettivo. Come lo è stato per i genitori di Marco.
I numeri
Attraverso i questionari distribuiti agli under 21, è emerso come il 30% dei giovani crede che la gelosia sia una dimostrazione d’amore, percentuale che sale al 45% tra i 14-15enni, mentre il 19% considera la geolocalizzazione accettabile, esattamente come ripetono Linda e Marco. Il 39% dice di aver subito violenza e che i responsabili sono nell’87% dei casi conoscenti, nel 30% familiari, nel 29,5% amici, nel 27,2% partner o ex partner. Solo l’1% dei ragazzi si rivolge ai Centri Antiviolenza, mentre il 25% non parla con nessuno. Tra le principali forme di violenza dichiarate ci sono stalking (33%), violenza verbale (30,5%), psicologica (26,7%), fisica (14,4%), sessuale (11,6%). Secondo la ricerca il controllo su abbigliamento, uscite, geolocalizzazione e accesso ai messaggi è diffuso, specialmente tra i minorenni: il 16% minimizza il controllo sull’abbigliamento, il 61% ha subito controllo sulle uscite.
I dati sulla violenza di genere tra adolescenti svelano una generazione che tende a costruire relazioni dando per scontato il consenso e vivendo la gelosia come se fosse un atto d’amore. Lo conferma Viviana Cassini, presidente della Casa delle Donne di Brescia, una delle realtà della nostra provincia che sostiene le vittime di violenza. «All’interno dei nostri contatti, che al 31 ottobre di quest’anno sono stati 224, la fascia più importante è quella dai 30 ai 40 anni. Ma subito dopo c’è quella dai 18 ai 22 anni: i casi tra i giovani sono aumentati notevolmente nell’ultimo periodo, il trend è in crescita». Specie se si considera che Casa delle Donne non può farsi carico dei minorenni (e, dunque, di quella fascia dai 14 ai diciotto inclusa nello studio di Differenza donna), un target di cui si occupano i Consultori e, quindi, le Ats. «Spesso – conferma Cassini – ci arrivano segnalazioni da professori e genitori: i ragazzi della nuova generazione hanno rapporti molto strani che sfociano in un’ossessione condivisa», come quella di Linda e Marco, che hanno appiccicato alla parola amore un significato distorto. E a cui adesso i genitori stanno tentando di spiegare che «ti voglio bene» non significa «devi continuare a fare stare bene solo me», ma «voglio il tuo bene». E che alla base dell’amore c’è la libertà.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
