Per i bresciani bloccati in Nuova Caledonia ci sono i primi spiragli per il rientro in Italia

Gianluca Barca
Intrappolati su un’isola per la rivolta, i due medici sono arrivati nella capitale dove vedranno il figlio
Auto bruciate durante la rivolta dei kanaki
Auto bruciate durante la rivolta dei kanaki
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Sono riusciti a rientrare a Noumea, la capitale del paese, i due medici bresciani rimasti bloccati su un atollo della Nuova Caledonia dopo lo scoppio della rivolta della popolazione locale contraria alla proposta di modifica della legge elettorale. Luciano Corda e Sara Spandrio, marito e moglie, erano in Nuova Caledonia per far visita al figlio Massimo, medico del servizio sanitario francese, di stanza a La Foa, cittadina a un centinaio di chilometri dalla capitale.

La rivolta li ha sorpresi sull’isola di Ouvéa dove avrebbero dovuto restare un paio giorni e sulla quale invece, per la chiusura degli aeroporti e lo stato di emergenza, sono dovuti restarne altri undici. Ieri, finalmente, un aereo civile, in concomitanza con l’arrivo a Noumea del presidente francese Macron, ha potuto fare il giro dell’arcipelago e recuperare un’ottantina di persone di varie nazionalità tutte in attesa di poter tornare nell’isola maggiore. Nei giorni scorsi, Nuova Zelanda e Australia erano riuscite a rimpatriare i propri connazionali, mentre personale militare aveva effettuato un censimento dei cittadini occidentali rimasti bloccati sui vari atolli per organizzarne il rientro nella capitale.

La Nuova Caledonia è un territorio francese d’oltremare e Macron, che aveva mandato circa 3.000 soldati per ristabilire l’ordine dopo lo scoppio dei disordini, ha promesso di aprire un tavolo di discussione sulle modifiche alla legge elettorale e la revoca dello stato di emergenze se nel paese tornerà la calma. I kanaki temono che l’allargamento del voto a chi abita nella colonia da almeno dieci anni diluisca il peso della popolazione locale a vantaggio della comunità occidentale.

«L’aeroporto è ancora presidiato dai militari e circondato da barriere di filo spinato – hanno raccontato i due medici bresciani, dopo l’arrivo a Noumea –, e in città si vedono ancora i segni degli incendi e delle barricate. Sono stati presi di mira negozi e concessionarie di automobili, la situazione per le strade però sembra abbastanza tranquilla. Purtroppo nel corso della rivolta sono stati assaltati anche presidi medici locali e distrutte attrezzature sanitarie, il che per esempio ha reso impossibile la dialisi per i molti pazienti con insufficienza renale che qui è una patologia abbastanza diffusa e produce conseguenza anche letali per quei malati che non ricevono le cure necessarie. Noi prima del rientro in Italia cercheremo di raggiungere La Foa per trascorrere almeno qualche giorno con nostro figlio e la sua famiglia, il nipotino e la mamma. Era l’obiettivo del nostro viaggio e fin qui li abbiamo visti davvero poco». 

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