Paratico, il centro commerciale di via Mazzini «va abbattuto entro 3 mesi»

Novanta giorni di tempo per abbattere il centro commerciale di via Mazzini. Lo ha deciso il Consiglio di Stato, scrivendo un nuovo capitolo dell’annosa vicenda della struttura, ovvero tre edifici costruiti dove prima del 2016 c’erano le piscine di Paratico.
Il ricorso al Consiglio di Stato proposto da Legambiente ed Edelweiss Renewables contro il Comune, il Ministero della Cultura e la Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici di Brescia, nei confronti delle imprese One Italy e Cesar, ha portato i giudici ad ordinare l’abbattimento delle strutture perché abusive. I giudici della massima giurisdizione amministrativa hanno appunto accolto il ricorso e dato al Comune di Paratico «90 giorni dalla notifica della sentenza per disporre la demolizione delle opere, realizzate con titolo edilizio annullato dalla sentenza 2.613 del 2024». In più il Consiglio di Stato ha nominato come commissario preposto al compito il prefetto di Brescia, che dovrà occuparsene in caso di inerzia del Comune.
Vicenda complessa
Come accennato, si tratta del nuovo passaggio di una vicenda complessa, passata attraverso altri ricorsi al Tar ed al Consiglio di Stato, che già nel 2019 aveva annullato il permesso di costruire, l’autorizzazione paesaggistica e la variante urbanistica approvata dal Comune, perché le norme del Pgt vigenti non consentivano le destinazioni commerciali con medie strutture di vendita.
Il Comune poi aveva approvato una seconda variante per preservare l’intervento edilizio, rilasciando un nuovo permesso di costruire con autorizzazione paesaggistica. Ne era scaturito un nuovo ricorso da parte di Legambiente, concluso con la sentenza 2.613 del 18 marzo 2024 che aveva annullato la variante e gli atti connessi. Per chiedere poi l’«ottemperanza del giudicato», Legambiente si è nuovamente rivolta alla magistratura ammninistrativa, procedimento che si è appunto ora concluso con la sentenza che dispone i termini per l’abbattimento.
Nel dispositivo i giudici specificano che «il giudizio ha per oggetto un procedimento autonomo rispetto a quello che ha portato al rilascio dei titoli edilizi del 2016». Per il Consiglio di Stato «l’autonomia dei titoli rilasciati nel 2020, rispetto a quelli del 2016, non conduce alla sanatoria delle opere realizzate» visto che «la sentenza 2.613 del 2024 quei titoli li aveva annullati. Essendo annullati, sono privi di effetti sulle opere esistenti, mentre la rinnovazione dei provvedimenti annullati (emendati dai vizi rilevati dalla sentenza) non può comportare la sanatoria delle opere fatte in contrasto con le norme urbanistiche e in carenza di autorizzazione paesaggistica».
Se da una parte il promotore del ricorso Dario Balotta esulta, dall’altra il sindaco Carlo Tengattini afferma di sentirsi «di fronte a una situazione assurda. Non dico che non ci siano stati vizi di forma, ma credo che ci vorrebbe più misura. In sostanza, in quell’area c’era una piscina in condizioni di degrado e abbiamo realizzato oltre che tre negozi anche una piazza e un parcheggio pubblici, migliorando il paese. Il resto sono questioni da azzeccagarbugli».
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