Cronaca

Nuovi criteri per definire la montagna: esclusi i paesi a bassa quota

Caparini, Lega: «Cancellato uno scandalo». Girelli, Pd: «Così però si penalizzano i territori»
Vestone - © www.giornaledibrescia.it
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Quando un Comune può essere definito montano? La risposta potrebbe essere banalmente molto semplice: quando sorge in montagna. E qui le cose si complicano immediatamente, perché da un punto di vista prettamente orografico tutti sappiamo, appunto, definire una montagna (e distinguerla da una collina), ma da un punto di vista, diciamo così legale? Perché da questo secondo punto di vista non c’è in ballo solo l’aria pura e il vivere lentamente nella natura: essere o meno Comune montano è lo spartiacque per l’accesso a fondi e finanziamento spesso fondamentali.

Icriteri

Eccola, in estrema sintesi, la questione che ruota attorno alla riclassificazione dei Comuni montani: «La nuova classificazione intende valorizzare e concentrare le risorse disponibili sulle zone autenticamente montane, dando attuazione all’articolo 44 della Costituzione, che prevede provvedimenti a favore delle zone "montane", non certo delle parzialmente montane o persino prevalentemente pianeggianti», così ha precisato il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, rispondendo ieri al question time alla Camera a una interrogazione sulla classificazione dei Comuni montani.

Vediamoli allora nel dettaglio questi nuovi criteri. Il primo stabilisce che un Comune, per essere appunto montano, deve avere il 25% di superficie sopra i 600 metri e il 30% di superficie con almeno un 20% di pendenza. In alternativa, un secondo criterio stabilisce che si può ritenere Comune montano quel territorio con altimetria media superiore ai 500 metri. Infine, per evitare paradossi territoriali e favorire l’inclusione, un terzo criterio prevede un’altimetria media più bassa ma che consenta di considerare montani anche quei Comuni che risultano interclusi, ovvero interamente circondato da Comuni che rispettano uno dei primi due criteri.

«Sulla base dei nuovi criteri, saranno montani 2.844 comuni, distribuiti in modo equilibrato tra le diverse zone del Paese – ha proseguito il ministro Calderoli –. In particolare, il secondo criterio (altimetria media superiore ai 500 metri) intende valorizzare la dorsale appenninica e le isole, inserendo ulteriori comuni che tipicamente non raggiungono l’altimetria dell’arco alpino».

Nel Bresciano

Per quel che riguarda la nostra provincia, l’elenco di ammessi al novero dei Comuni montani «per decreto» e quello degli esclusi è presto desumibili dall’allegato al testo normativo. In esso si contano 85 dei municipi bresciani (il 41,46% del totale) a fronte di 15 esclusi.

Non mancano le critiche, se ne è fatto portavoce (sempre ieri durante il question time) l’onorevole Gian Antonio Girelli del Pd. «I criteri utilizzati risultano eccessivamente rigidi e astratti – ha spiegato il deputato bresciano –, perché basati prevalentemente su parametri altimetrici e statistici, senza tenere conto di elementi fondamentali come la morfologia del territorio, la frammentazione degli insediamenti, la difficoltà di accesso ai servizi, la qualità della viabilità e i reali indicatori socio-economici. Così si finisce per escludere Comuni che, pur collocati in fondovalle, condividono pienamente le stesse criticità delle aree montane circostanti».

Nel dettaglio, sottolinea Girelli, nella Valle Sabbia rischierebbero di essere esclusi dalla classificazione montana Gavardo, Villanuova sul Clisi, Roè Volciano, Sabbio Chiese, Vestone, Odolo, Barghe e Preseglie, «tutti Comuni appartenenti alla medesima Comunità montana, che hanno la colpa di essere di fondo valle e non rispettano i parametri altimetrici». Una situazione analoga riguarda altri centri della provincia di Brescia come Cividate Camuno, Ome, Monticelli Brusati, Iseo, Gussago, Concesio e Botticino, «che verrebbero esclusi nonostante presentino caratteristiche territoriali riconosciute invece dalla programmazione regionale».

L’apertura

Sul fronte leghista dei bresciani, Davide Caparini (presidente della Commissione Bilancio del Consiglio regionale della Lombardia) ha commentato che «viene finalmente cancellato uno scandalo che si trascinava da decenni: quello dei comuni non montani che, impropriamente, hanno beneficiato di risorse destinate alle aree montane, sottraendole ai territori che ne hanno realmente diritto».

Stefano Borghesi, senatore valtrumplino, ha sottolineato: «Più attenzione per le vere terre alte, che si tradurrà in maggiori investimenti e misure di contrasto allo spopolamento, e soprattutto meno sprechi di risorse pubbliche, con fondi destinati a comuni che di montano non avevano nulla, ad esempio Roma, Sanremo, Taormina o Bologna». Durante il question time c’è stata un’apertura da Calderoli: «Preannuncio sin d’ora la disponibilità del Governo a includere, nel confronto con gli enti territoriali, ulteriori peculiari situazioni di interclusione, per giungere ad un totale di quasi 2.900 Comuni montani».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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