Montichiari, colpi d'arma da fuoco contro un imprenditore: la ricostruzione
Ore 19, quattro spari rompono il silenzio della sera già calata su via Levate a Montichiari, nella frazione di Vighizzolo, un lungo viale tra le discariche Gedi e Systema dove ha sede la «Cavifer».
Un uomo, Angelo Ferandi, imprenditore di 62 anni di Vallio Terme, impegnato da anni nel settore dello smaltimento di rottami ferrosi e non si accascia a terra con ferite alle gambe e alle braccia. Due auto partono sgommando a fari spenti, mentre dall’azienda escono due operai sorpresi e soccorrono il ferito. L’uomo giace a terra accanto alla sua Porsche Macan. Il sangue sull’asfalto accanto a lui si allarga.
I soccorsi
Il timore che gli sparatori possano tornare sui loro passi a terminare il lavoro da sicari induce i due dipendenti a vincere la paura e a caricare il datore di lavoro su una monovolume e a guidare a tutta velocità verso il pronto soccorso di Montichiari. «Perdeva moltissimo sangue - raccontano ancora sotto choc -, quindi abbiamo tamponato come potevamo le sue ferite. Poi il mio collega ha chiamato il 112 ma i momenti sono stati convulsi. Non ci capivamo e Angelo si lamentava. Siamo arrivati in ospedale e lo abbiamo affidato ai medici. A quel punto ci hanno anche rimproverati: dovevamo attendere l’ambulanza... Ma il rischio era troppo forte e la paura che gli sparatori tornassero altrettanto». I testimoni della vicenda sono entrambi lavoratori dell’azienda: uno di origini africane di casa a Carpenedolo che arriva al lavoro in monopattino elettrico e un monteclarense, visibilmente sconvolti dall’accaduto.
L’agguato
Sul posto per primi sono intervenuti i carabinieri di Montichiari a congelare la scena di quello che pare un agguato in piena regola. Si presume che la pistola fosse di piccolo calibro. I colpi sparati sono stati quattro in rapida sequenza. Il ferito è stato colpito a un femore e a un braccio. «Aveva il polso lacerato dal proiettile, da quello che abbiamo visto». Ma il fatto che ci fossero due auto, una Renault Kangoo chiara e una Audi, induce i testimoni a ritenere che gli aggressori fossero almeno in quattro. Quel che è certo è che chi era a terra, dopo gli spari è salito in auto e si è dileguato sulla strada che porta a verso via Dritta e quindi verso Calcinato. Secondo gli operai quelle auto erano già state notate dai lavoratori della «Cavifer»: «Quella bianca, la Kangoo, è passata nel pomeriggio, ma non si pensava che potesse costituire una minaccia». Poi alle 19, orario di uscita dall’azienda, l’epilogo con gli spari.
La dinamica
Il blitz è avvenuto in pochissimi istanti: Angelo Ferandi è sceso dalla sua berlina per chiudere il cancello quando è stato raggiunto dai proiettili. Un agguato portato a termine da persone determinate probabilmente a dar corso a un’intimidazione: «Se avessero voluto uccidere lo avrebbero fatto. Angelo anche se grande e grosso era a terra inerme e non avrebbe potuto sottrarsi agli spari». Invece hanno esploso contro di lui una serie di colpi e poi lo hanno lasciato a terra. I due lavoratori hanno raccontato più volte la sequenza: la chiusura del cancello, quelle due auto, le ombre che nel buio si muovono rapide e le urla del ferito, quindi lo sgommare delle due auto. Tutto in una manciata di secondi. Un film in cui l’orrore è calato sulle vittime. In serata la moglie dell’imprenditore, Daniela, ha raccontato che l’uomo è stato operato al Civile. «Gli hanno ridotto le fratture dovute agli spari. Angelo resta grave».
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