Molestie in una pasticceria della Valtrompia: i racconti delle commesse

Le tre dipendenti hanno raccontato in tribunale di proposte oscene sul posto di lavoro e palpeggiamenti
L'ingresso del tribunale di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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I loro racconti sono sovrapponibili. Anche se avevano turni diversi o hanno lavorato nel locale in periodi diversi. Tutte hanno spiegato di essere rimaste a lavorare in quella pasticceria perché avevano bisogno dello stipendio ma che a un certo punto, dopo mesi, non sono più riuscite a reggere e si sono licenziate. Impossibile per loro sopportare avances, battute a sfondo sessuale e palpeggiamenti da parte del datore di lavoro.

Nell’udienza celebrata ieri mattina del processo per violenza sessuale a carico di un 44enne titolare di una pasticceria in Valtrompia, sono state ascoltate la dipendente che nel gennaio del 2023 ha presentato denuncia ai carabinieri e altre due sue colleghe, una minorenne all’epoca dei fatti, che hanno dichiarato di aver subito lo stesso trattamento.

La donna di 29 anni, che per prima ha rotto il silenzio, ha spiegato come il titolare «mi invitava a casa sua per fargli le coccole, anche 15 volte al giorno» e che «quando andavo nel magazzino mi metteva le mani sul sedere». E ancora che «quando avevo una macchia di caffè sulla maglietta mi ha palpato il seno». E la stessa donna ha riferito che i colleghi le avevano detto: «Non farti toccare».

Analoga la testimonianza della ragazza minorenne all’epoca dei fatti, che non si è costituita parte civile: «Mi metteva le mani sul sedere e sul seno quando andavo in magazzino e chiudeva la porta per non far vedere agli altri». Una terza ragazza, che ha lavorato in un periodo precedente ha spiegato di essersi licenziata «per gli stessi motivi. Finché stavo bene le cose mi scivolavano addosso ma quando ho avuto altri problemi non ce la facevo più».

In aula anche un’altra donna, attualmente dipendente della pasticceria, che ha parlato di «un ambiente sereno in cui si scherza» e dove «non ho mai saputo di molestie».

Ascoltato anche l’imputato che ha negato gli addebiti: «Non mi sarei mai permesso di mettere le mani addosso, le mie battute erano solo scherzi». Riferendosi ai messaggi osceni partiti dal suo cellulare ha detto: «Quel telefono era sempre in laboratorio e senza pin, li avrà scritti qualcuno dei ragazzi».

Si torna in aula il 18 aprile. 

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