Latitanti bresciani, i tre casi più celebri degli ultimi 15 anni
Negli ultimi quindici anni sono stati almeno tre i casi di latitanza che hanno segnato la cronaca giudiziaria bresciana. Uno di questi ha diverse analogie con quello di attualità in queste ore. Il riferimento è al primo «omicidio del forno», quello consumato tra il 16 e il 17 dicembre del 1992 alla Valtemper di Caionvico.
A morire quella notte fu Walter Cominelli: l’uomo raggiunto da colpi di arma da fuoco, poi gettato nel crogiuolo per la tempra dei metalli. Il contatto del suo corpo con il metallo fuso provocò l’esplosione del forno e richiamò gli inquirenti sul posto nel volgere di pochi minuti.
Per quell’omicidio venne arrestato anche in quel caso un parente: Claudio Cominelli, il fratello della vittima. La sua condanna definitiva a ventiquattro anni di reclusione arrivò solo diciotto anni dopo il delitto. Alla vigilia della pronuncia della Cassazione Cominelli si rese irreperibile. La sua latitanza è durata 7 anni. L’uomo fu trovato in via Calatafimi, in città, alla fine di settembre del 2017. Si muoveva tra Brescia e la riviera del Conero con una carta d’identità persa da un ignaro cittadino italiano. Quando fu trovato e arrestato era ospite di una donna con la quale aveva una relazione e si stava misurando con diverse difficoltà: a partire dai costi elevatissimi della latitanza.
Latitante è stato anche qualche anno prima Vito Marino, uno dei due cugini accusati del triplice omicidio di Urago Mella, nel quale il 26 agosto del 2006 furono trucidati Angelo Cottarelli, sua moglie Marzenna Topor e l’ unico figlio. Il 16enne Luca. Assolto insieme al cugino Salvatore al termine del processo di primo grado, Vita Marino sparì dalla circolazione alla vigilia del primo processo di appello, che ribaltò, almeno temporaneamente, il verdetto. Vito Marino si nascose nel Trapanese, territorio che conosceva come le sue tasche e dove venne individuato ed arrestato. A differenza del cugino Salvatore, assolto in via definitiva, fu condannato all’ergastolo ed è deceduto in carcere durante l’esecuzione della condanna.
Latitante è stato anche il condannato più illustre della cronaca giudiziaria bresciana, quel Maurizio Tramonte che ad oggi è l’unico in carcere con sentenza definitiva all’ergastolo per la strage di piazza della Loggia. Passato alla storia della bomba del 28 maggio 1974 per aver partecipato alle riunioni organizzative dell’attentato e per non averlo impedito, nonostante fosse fonte dei servizi segreti, si era rifugiato a Fatima, in Portogallo, dov’era arrivato con l’auto della moglie, alla quale aveva tolto il telepass per non essere individuato. Quando fu fermato, qualche giorno dopo la sentenza definitiva, disse che non voleva scappare, ma che aveva intrapreso un percorso di fede. Rimase in carcere a Lisbona per sei mesi, poi fu estradato.
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