Non solo ricchi, sempre più persone fanno testamenti solidali

C’è il lascito plurimilionario di Italo Barcella all’ospedale di Chiari: deceduto nel 2015, il giudice che soffriva di malattie reumatiche donò al Mellino Mellini immobili, denaro e il terreno sul quale pende l’idea di realizzare il nuovo nosocomio dell’Asst Franciacorta. Ci sono i beni che Bruno Romeda destinò alla Fondazione Brescia Musei: villa e opere d’arte (da Picasso a Anish Kapoor) regalate dopo la morte con il vincolo di dare risalto alla sua produzione artistica.
C’è l’ingente lascito che il conte Gaetano Bonoris fece 101 anni fa chiedendo di istituire una fondazione in suo nome per «prestare aiuto e protezione a minori e giovani privi del sostegno familiare». La storia della nostra provincia è piena di atti di generosità compiuti, come in questi casi, a vantaggio delle persone che verranno. Succedeva in passato, ma accade anche oggi.
Il trend
Lo conferma il notaio Mario Mistretta, presidente della Fondazione della Comunità Bresciana, ricordando che «la nostra provincia è sempre stata generosa, ma stiamo assistendo a un’accelerazione della propensione al lascito solidale che fa moltiplicare la ricchezza intangibile della comunità».
Il trend è in crescita in Italia. A sostenerlo è il Comitato Testamento Solidale al quale aderiscono 28 associazioni (Ail, Aism, Fondazione Don Gnocchi, Save the Children...): basandosi su una ricerca commissionata all’istituto Walden Lab-Eumetra, l’ente fa sapere che «più di mezzo milione di individui ha già previsto un lascito nel proprio testamento e aumenta in modo significativo (dal 19% al 22%, pari a oltre 5,7 milioni di persone) la percentuale di quanti si dichiarano propensi a prenderlo in considerazione».
Non solo ricchi

A differenza di quanto si possa pensare il testamento solidale non è solo un affare da ricchi: stando a una ricerca eseguita dal Comitato in collaborazione con il Consiglio nazionale del notariato «il 46,1% del campione (composto da oltre 500 notai di tutta Italia) coloro che decidono di lasciare parte della propria eredità a una causa benefica dispongono di un patrimonio nella media, frutto di una normale vita lavorativa». A riprova di ciò «il lascito medio spesso si aggira attorno a cifre inferiori ai 20mila euro (per il 31,8% degli intervistati). Ed è di oltre 100mila euro solo per il 10% del campione».
Fasce d’età
È curioso, poi, che per il 12,3% degli intervistati comincino a informarsi circa questa possibilità anche le persone sotto i 60 anni o ancora più giovani. Le donne, inoltre, sarebbero più generose degli uomini. L’oggetto del dono sono somme di denaro, seguite da beni immobili, pezzi d’arte, gioielli e mobili di pregio. Il lascito solidale – ricordiamo – permette a tutti di destinare una parte del proprio patrimonio a un’organizzazione benefica ben indicata nel testamento. Documento, quest’ultimo, che può essere scritto (ma anche revocato) in qualsiasi momento. Con una precisazione: c’è una quota di eredità, di cui non si può disporre liberamente. È quella che va ai soggetti «legittimari»: il coniuge o il soggetto unito civilmente, i figli e gli ascendenti.
Presepi e Velazquez
Gli esempi di questi atti che consentono allo spirito altruistico di una persona di continuare a vivere dopo la sua morte sono tantissimi. A Chiari è celebre il lascito di Liliana Giordano alla Morcelli Repossi: la vedova del notaio Titta Scalvi, morta nel 2012, ha donato alla Fondazione (nata anch’essa da un atto di generosità) la sua villa con parco nei pressi della stazione, opere d’arte (compreso un Velazquez), icone russe e presepi artistici di grande pregio con la richiesta che venisse aperta una casa museo.
Il lascito di Valentino Morbio ha consentito alla Fondazione Spedali Civili di istituire borse di studio in ambito oncologico. Il concorso letterario «Il Corvione» è stato istituito grazie al lascito del poeta Luigi Vanni. E ancora: tra i gesti più eclatanti ricordiamo quello di una benefattrice bergamasca che in tempi più recenti ha erogato, con lascito testamentario, un milione di dollari al Distretto Lions di Brescia, Bergamo e Mantova affinché pagasse per un anno i pasti di 200mila bambini dell’Uganda.
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