Guerra in Ucraina, c’è chi torna in patria e chi resta a Brescia

Marco Papetti
Le testimonianze del designer che si è arruolato e della mamma di due gemelle che ha deciso di fermarsi a Brescia
Roman O'Leg
Roman O'Leg
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Da Brescia all’Ucraina e dall’Ucraina a Brescia. Due direzioni opposte ma lo stesso baricentro: il proprio Paese martoriato dalla guerra, dove rimangono le persone care e i ricordi. Roman O’Leg, originario di Leopoli, quando è cominciata l’invasione russa lavorava a Brescia come designer, dopo vent’anni trascorsi in Italia: pochi giorni dopo l’inizio del conflitto, a marzo 2022 decise di tornare in Ucraina per arruolarsi.

O’Leg resta al Nord

Oggi O’Leg è ancora in Ucraina, dove vive e lavora in una città del Nord: «Sono stato in servizio per quasi due anni ma poi mi sono dimesso per problemi di salute», racconta. «Prima ho fatto il topografo e poi mi sono trasferito in un centro di formazione per piloti di droni. Ogni tanto dovevamo spostarci perché una scuola di droni è un bersaglio molto desiderato: vivevamo i posti freddi come boschi e cantine, per questo l’inverno scorso la mia salute è peggiorata. Mi sono dimesso dall’esercito e ora continuo a lavorare nella produzione di droni».

Pur lontano dalla zona dei combattimenti, la percezione di pericolo resta: «Oggi la linea del fronte è una cosa un po’ relativa, i missili arrivano ovunque», spiega. Alla paura negli ultimi giorni si è aggiunto anche lo «shock» per il «tradimento americano», dice O’Leg, con la diversa posizione sull’Ucraina del presidente Usa Donald Trump rispetto al predecessore Joe Biden. «La guerra – aggiunge – non è una cosa a cui ci si abitua. Tanti hanno parenti che sono morti nei campi di battaglia, inclusa la mia famiglia. È una cosa che pesa sempre di più e c’è la paura che se i russi arrivano sarà peggio».

Da Kharkiv a Brescia

Da Kharkiv a Brescia ha invece viaggiato Olena, per fuggire alle bombe nei primi giorni della guerra, con le due figlie gemelle – atlete di nuoto artistico – una cagnolina e «un piccolo zaino senza niente», racconta.

«Appena è iniziata la guerra, siamo state dieci giorni in un bunker, poi ho capito che non sarebbe finita velocemente e siamo scappati. Mi hanno chiamata degli amici da Brescia che avevano organizzato un bus dalla Polonia, l’abbiamo preso e siamo venute qua».

Dopo tre anni Olena lavora in una fabbrica della provincia con un contratto a tempo indeterminato: «Mi ha dato la possibilità di comprare casa – racconta -. Le mie figlie sono innamorate a Brescia e vogliono stare qua. Nella mia città la situazione è ancora terribile, ho capito che non posso tornare e che è meglio per le ragazze stare qua, dove hanno trovato una squadra per allenarsi».

A combattere in Ucraina ci sono il fratello e un nipote, mentre la madre le ha raggiunte a Brescia: «Nei primi tempi ho ricevuto tanto aiuto dagli italiani, poi col lavoro ho continuato con le mie gambe. Mi manca la vita passata – aggiunge –. Le notizie sulla guerra non le leggo perché mi creano stress: l’unica cosa che mi interessa è quando mio fratello mi scrive che è vivo e sapere che la mia casa là non è ancora bruciata».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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