Incidente nautico, i tedeschi in Cassazione: «Anche Umberto ha colpe»

«Il 23 aprile 2025, Greta Nedrotti avrebbe dovuto compiere 29 anni». Inizia così la memoria presentata dai genitori della ragazza morta con Umberto Garzarella la notte tra il 19 e 20 giugno del 2021 al largo di Salò. Travolti da un motoscafo mentre erano a bordo di una barca sulle acque del lago di Garda.
Giovedì 8 maggio la Cassazione è chiamata a decidere se confermare le condanne a 4 anni e 6 mesi per Patrick Kassen, che era ai comandi del potente Riva, e a 2 anni e 11 mesi per Christian Teismann, proprietario del motoscafo, o se invece annullare tutto e rimandare gli atti per un nuovo processo d’appello o addirittura chiudere il caso senza colpe.
Le richieste di Teismann
Christian Teismann nel ricorso in Cassazione ha chiesto l’annullamento della condanna e attraverso i suoi legali ha scritto: «Nessuna norma di legge lo renda co-autore di condotte che, anche a supporle illecite, sono state poste in essere da altra persona nell’ambito di un’attività di mano propria – la conduzione di un natante – di cui Teismann era utente dormiente e non già protagonista».
«Ero sul motoscafo ma dormivo», la tesi di Teismann, che però viene smontata – oltre che dalle sentenze precedenti – anche dalla memoria depositata dai legali della famiglia di Greta. «Come già rilevato, le telecamere di sorveglianza hanno registrato che il Riva Super Aquarama all’arrivo nel rimessaggio Arcangeli dopo l’incidente era condotto dal proprietario, signor Teismann».
Kassen
I difensori di Patrick Kassen – ai comandi al momento dell’impatto con la barca di Greta e Umberto – hanno invece negato ancora una volta che il loro assistito fosse ubriaco la notte dello schianto. «Non è assolutamente possibile comprovare che, nel momento dell’incidente nautico che qui c’occupa, Patrick Alexander Kassen si trovasse in condizione di severa intossicazione alcolica acuta» come invece hanno sostenuto i giudici di primo e secondo grado.
Per i difensori del tedesco che era alla guida del motoscafo e che non si era fermato dopo l’impatto con la barca su cui morirono Greta e Umberto «la Corte d’appello parrebbe avere abdicato alla necessaria razionalità della decisione, preferendo epidermiche sue intuizioni rispetto ad una prova scientifica».
La famiglia Nedrotti
Ma per gli avvocati della famiglia di Greta Nedrotti «Teismann invece di aspettare a partire per riposare o far svanire i fumi della stanchezza o, ancor meglio, invece di scegliere di tornare a casa con un taxi, ha scelto di affidare al signor Kassen la conduzione notturna del Riva, pur essendo ben consapevole – anche solo considerando la propria stanchezza – che anche il signor Kassen, dopo l’intensa giornata trascorsa insieme, palesemente non aveva i requisiti psicofisici prescritti per la conduzione notturna del potente motoscafo».
Le accuse a Umberto
Poi, come già fatto in occasione del processo d’appello, i difensori dei due tedeschi davanti alla Cassazione criticano la scelta dei giudici di non «meglio investigare i temi dell’evitabilità dell’evento e del concorso di colpa del capitano della barca nella causazione del sinistro nautico». E sostengono una responsabilità di Umberto Garzarella perché – scrivono nella memoria difensiva gli avvocati di Patrick Kassen – «al momento della collisione, la motobarca Easy 600 era alla deriva, senza controllo e senza conducente». Sono accuse che le famiglie dei due ragazzi definiscono «sgradevoli».

Gli ultimi istanti
«Come chiaramente evidenziato, al momento del sinistro il Lancione di Umberto era ben segnalato e l'equipaggio non è incorso in violazioni della normativa che potessero concorrere a cagionare l’evento verificatosi». Umberto Garzarella morì sul colpo mentre Greta Nedrotti finì in acqua e il suo corpo senza vita venne recuperato il giorno successivo a metri di profondità. «Resta inefficace – scrivono gli avvocati delle famiglie dei due giovani nelle memorie depositate in vista dell’udienza in Cassazione – l’asserzione circa la mancanza di conducente o di vedetta sul Lancione di Umberto. E punto di infinito dolore per gli esponenti, proprio perché ad esso si collega la ricostruzione degli ultimi istanti di vita di Greta e della sua consapevolezza dell’imminente tragedia.
Risulta infatti dall’istruttoria che Greta prima dell’impatto si trovasse in piedi e non seduta o sdraiata sul fondo del Lancione. Il che conferma che Greta faceva vedetta, intenta a manovrare per impedire la collisione o a tentare in extremis di attirare l’attenzione del noncurante guidatore del Riva».
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