Brescia, la messa alla prova in università è modello da esportare

Il miglior bilancio per un’iniziativa sociale come la «Messa alla prova in Università» è il fatto che al termine del primo anno già si riparte, e con un supporto più ampio che comprende pure il Ministero. «Si tratta di un progetto innovativo, unico in Italia, ideato dal Servizio di Psicologia Clinica e Forense e dal Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica, con la partecipazione della Direzione Generale per la Giustizia minorile e di comunità del Ministero di Grazia e Giustizia, che diventerà un modello da esportare» ha detto in apertura la nostra direttrice Nunzia Vallini nella conferenza online in Sala Libretti sulla giustizia riparativa minorile per la serie «Il filo delle idee» del GdB.
Le voci
Ospiti i principali attori del progetto: il prof. Giancarlo Tamanza, psicologo della Cattolica; Giuliana Tondina, procuratrice capo dei minori di Brescia, e Ilaria Marchetti dell’Istituto Mediazione familiare e sociale di Brescia. Otto i casi di minori seguiti nell’anno di esordio: «Una ricerca e una sperimentazione sociale nell’ambito penale minorile e della giustizia riparativa, che ha integrato aspetti di carattere scientifico-culturale con azioni di intervento socio-educativo e di promozione e diffusione di sensibilità culturale, civica e sociale», ha spiegato soddisfatto degli esiti Tamanza.
Gli esiti
Il percorso ha mostrato e seguito gravi problematiche psicoevolutive soprattutto in minori non accompagnati in Italia «con elementi importanti di comorbilità psicopatologica, oppure appartenenti a a contesti socioculturali deprivanti o marginali», ha rimarcato la procuratrice capo spiegando che «il carcere è solo privazione e isolamento e non un percorso di riscatto». E i risultati del percorso – in gruppo e mirato – non si sono fatti attendere: «si sono riportati cambiamenti rispetto alla percezione di sé, nella liberazione da un sentimento di stigma e di vergogna sociale e nell’acquisizione della capacità di accogliere i propri elementi di fragilità e vulnerabilità» ha spiegato Ilaria Marchetti. Il segno di una progressiva «consapevolezza di sé che ha favorito la costruzione di una propria immagine ricomposta nella rinnovata capacità a proiettarsi nel futuro, disancorandosi dall’evento che ha cristallizzato le storie personali». L’esito positivo rilancia la bontà del progetto e lo ripropone come utile strumento aperto a tutti i privati che vorranno sostenerlo attraverso il contatto con l’Università Cattolica.
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