Vittime del lavoro, la cerimonia a Brescia: «Bisogna fare di più»
Mirko Serpelloni non c’è più da due anni. L’11 settembre del 2023, all’età di 27 anni, è spirato in ospedale dopo essere stato vittima qualche giorno prima di un incidente sul lavoro. Anche Claudio Filippa a 27 anni è stato vittima di un infortunio: era il 2012 e nell’azienda di famiglia, mentre usava la sega circolare ha perso due dita della mano sinistra e lesionato le altre tre.
Per entrambi, e per tutti gli invalidi e i morti sul lavoro, si è svolta la 75esima edizione della Giornata Nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro. Brescia ha celebrato l’appuntamento con la messa nella chiesa di Sant’Alessandro in via Moretto, con la deposizione di due corone d’alloro (una al monumento dedicato alle vittime del lavoro in via Vittorio Emanuele e una alla stele di piazza loggia) e con la cerimonia di conclusione – alla presenza, fra i rappresentati delle istituzioni politiche, civili e militari, anche del prefetto Andrea Polichetti – nel salone Vanvitelliano di palazzo Loggia.
Le morti sul lavoro
«Da quando è morto Mirko non è cambiato niente – dice la mamma Maruska Ambrosini - , le persone continuano a morire. La sicurezza si sottovaluta e quando capita la disgrazia non resta che piangere. Morire di lavoro non è normale, ci sono le tecnologie, i modi per rispettare la sicurezza e le norme. Queste morti non devono essere state inutili né devono essere dimenticate. Dobbiamo fare molto di più».
Dall’inizio dell’anno in corso le denunce per infortunio in Lombardia sono state 70.662, delle quali 97 con esito mortale. Brescia fra le peggiori della classe con, fino ad ora, 18 infortuni mortali nel 2025, contro i 24 totali del 2024.
«Meno di una settimana fa – ha detto il presidente di Anmil Brescia Roberto Valentini – sono stati diffusi i dati Inail relativi alle denunce di infortunio e malattia professionale presentate e nei primi 8 mesi del 2025 i numeri rimangono drammatici. Non servono altre leggi, il provvedimento essenziale da attuare è far rispettare la normativa vigente. Ogni volta che un lavoratore muore è l’integrità stessa della Nazione a subire una ferita profonda. Vine meno, ogni volta, la fiducia nella forza tra Stato e società, ci sentiamo soli».
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