GenZ: «Il lavoro non può assorbire tutte le nostre giornate»

Il 63% dei giovanissimi vuole un altro impiego: per otto su dieci sono fondamentali gli orari
Un gruppo di giovani - Foto generica
Un gruppo di giovani - Foto generica
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«Secondo loro devo lavorare come un forsennato per pochi spiccioli e condurre una vita di privazioni sociali?». Si infiamma Eliseo, 22enne, bresciano di seconda generazione impiegato nella contabilità per un’azienda. Il suo è più che uno sfogo, è un postulato ricorrente tra gli ultimi arrivati nel mondo del lavoro. Ma chi sono i «loro» a cui si riferisce? «I capi, i dirigenti, tutte le vecchie generazioni».

Precari

Perché sul mondo del lavoro lo scontro che va consumandosi almeno dal 2020 in poi pare davvero già generazionale, oltre che ideologico. «Siamo precari, sottopagati, asfissiati dalla ricerca della velocità. Ci rimane quasi solo il nostro tempo libero e non vogliamo sacrificare la vita vera per un lavoro insoddisfacente».

Le fa eco Michela, impiegata 25enne in città: «Metterò sempre al primo posto la mia vita privata, il lavoro non può soppiantare tutto il resto. Per i miei coetanei è inaccettabile. Vogliamo incontrare gli amici, uscire la sera, fare sport e coltivare i nostri hobby. Magari fare una famiglia e dedicarsene». Una rivoluzione copernicana. «Ci hanno fatto credere che per eccellere bisognava privarsi di tutto. Ma è un inganno e quelli della mia età l’hanno capito», continua Eliseo col suo solito impeto.

Il fenomeno

Non sono solo voci di strada. Tutte le analisi confermano il fenomeno e ne tracciano nuove direttrici. È un vero e proprio cambio di pelle della società: per poco più di mille euro al mese si smette di emigrare da Sud a Nord, si chiedono sempre più garanzie su orari e turni di lavoro, forse si tende in generale a non accontentarsi. Un fenomeno capillare in tutta Italia.

Secondo uno studio di LinkedIn (la piattaforma dedicata al match tra domanda e offerta di lavoro) nel 2025 più di due professionisti su cinque cercheranno un nuovo lavoro. E le ragioni sono molteplici: a fare da capofila tra chi cerca nuove opportunità professionali è infatti proprio la GenZ, con oltre il 63% dei giovani intenzionati a cambiare, a fronte del 55% dei millennial. Interessante anche la minore differenza di genere, con le professioniste più attive nella ricerca: il 46% delle donne sta infatti sondando il mercato, con invece il 41% degli uomini che dichiara di non essere, al momento, intenzionato a cambiare.

Tra chi sta valutando nuove opportunità professionali, la principale motivazione alla base della spinta al cambiamento è sicuramente la possibilità di un aumento di retribuzione, come dichiarato dal 41% degli intervistati in Italia, seguita dalla ricerca di una migliore work-life balance (27%), dalla voglia di trovare un nuovo contesto in cui poter crescere professionalmente (22%) e da una maggior consapevolezza e volontà di mettere a frutto le proprie competenze (10%).

Le scelte

Ancora una volta emerge l’importanza determinante del «fattore umano» nelle scelte dei nuovi lavoratori. Perché se lo stipendio è importante, ancor di più sembrano essere gratificazione personale e un buon bilanciamento tra il dovere e il piacere. E, dunque, una certa flessibilità.

Da una recente indagine di skuola.net su «giovani e orientamento» la parola chiave emersa era d’altronde «equilibrio»: anche per chi è prossimo ad entrare nel mondo del lavoro, ciò che rende appetibile un annuncio è proprio l’equilibrio tra lavoro e vita privata.

L’elemento che sembra mettere d’accordo pressoché in blocco la generazione è la «flessibilità», di orario o di location, giudicata importante se non fondamentale da ben 8 su 10. Questo perché, secondo la GenZ, lo stipendio non va accantonato in banca o in fondi, ma serve soprattutto per poter costruire un progetto di vita, per godersi la vita viaggiando e, appunto, sfruttando il tempo libero. 

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