Garlasco: Dna compatibile con Sempio, ma l’esito non è affidabile

Il Dna maschile estrapolato dalle unghie di due dita di una mano di Chiara Poggi è compatibile con quello di Andrea Sempio o dei componenti della linea paterna della sua famiglia. Una compatibilità in un caso valutata «moderatamente forte» e nell’altro «moderata» ma che, oltre a non essere contrassegnata da una certezza scientifica granitica, non offre una conferma schiacciante all’ipotesi della procura di Pavia e dei carabinieri di Milano che ad uccidere la ragazza sia stato l’amico storico di Marco, fratello della vittima, ai tempi appena maggiorenne.
Perché la prova è inaffidabile
A meno di elementi inediti, infatti, non si può assolutamente dire che lei si sia difesa dall’aggressore, perché è impossibile «stabilire con rigore scientifico» se quelle tracce genetiche siano state «sotto o sopra le unghie» della ragazza e men che meno quando e come si siano depositate in quei frammenti ungueali e se «per contaminazione, per trasferimento avventizio diretto o mediato» da un oggetto.
Sono queste, in sintesi, le conclusioni di Denise Albani, la genetista nominata dalla gip pavese Daniela Garlaschelli e che ha condotto gli accertamenti con i dattiloscopisti Domenico Marchigiani e Giovanni Di Censo nell’incidente probatorio disposto per far luce sul delitto per cui Alberto Stasi, allora fidanzato di Chiara, ha quasi finito di espiare 16 anni.
Per spiegare che le analisi della perita non hanno consentito di «giungere a un risultato che fosse certamente affidabile e consolidato o (…) certamente non interpretabile perché caratterizzato da artefatti», è necessario precisare, oltre al fatto che in questo campo è difficile avere esiti inconfutabili, che il lavoro si è svolto sulle attività effettuate dal professore Francesco De Stefano nell’appello bis a carico di Stasi. Un lavoro di rilettura di dati «di aplotipi (non identificativi) parziali misti non sottoposti a consolidamento». «Tenuto conto di queste rilevanti criticità» – a cui si aggiungono sia l’inserimento di «tutti i margini ungueali della mano destra (…) all’interno di una singola provetta», così come è accaduto «per tutti i margini ungueali» della sinistra, sia lo smarrimento di una delle 10 provette costituite con il materiale delle prime due e ancora l’esaurimento del materiale biologico – l’esperta «ha ritenuto comunque opportuno valutarne la comparabilità con i soggetti di interesse mediante analisi biostatistica», solamente sulla carta. Biostatistica che in sé presenta «limitazioni».
E se due profili Y bene o male portano a Sempio, dal terzo profilo maschile è «emersa l’esclusione di tutti i soggetti di interesse», da Sempio a Stasi agli amici di Marco Poggi che allora frequentavano la villetta di Garlasco.
Considerazioni
In questo quadro, in attesa della discussione in aula il 18 dicembre e del deposito delle relazioni dei consulenti, va fatta una considerazione: «Non è possibile rispondere con metodi validati, dati solidi e rigore scientifico a domande quali ‘come’, ‘quando’ e ‘perché’ un determinato materiale biologico è stato depositato su una superficie; indicazioni di contaminazione ambientale, trasferimento per contatto diretto o trasferimento secondario mediato da un oggetto – ha aggiunto Albani – sono suggestive e tali restano se non inquadrate in un contesto informativo più ampio e senza la disponibilità di dati scientifici granitici».
Un’affermazione che porta a screditare quanto fonti investigative avevano riferito, ossia che il Dna di Sempio fosse «sotto le unghie». Indizio ritenuto dalle stesse fonti «clamoroso» e indicativo di una «svolta» nelle indagini in quanto stava a significare che la vittima aveva lottato per difendersi dall’assassino. Indagini che, sebbene il lavoro dei periti anche sulle impronte e altri reperti non ha portato a prove in un senso o in un altro e ha isolato tracce di Chiara e Alberto e altre poco significative, prenderanno la strada della richiesta di processo per Sempio e, di riflesso, porteranno a una istanza di revisione della sentenza di condanna da parte della difesa di Stasi. Per i legali dell’indagato e del condannato la perizia ha restituito, per la prima «prove disomogenee» e per la seconda «un punto fermo». Mentre per gli avvocati della famiglia Poggi, Tizzoni e Compagna, «nulla di nuovo».
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