Paradosso Fondo di solidarietà: il «conto» lo pagano solo 21 Comuni

Il ricco Garda paga il conto un po’ per tutta la provincia: i Comuni rivieraschi guidano la classifica dei versamenti al Fondo di solidarietà comunale, il meccanismo con cui lo Stato riequilibra le risorse tra territori.
Su 205 Comuni, solo 21 risultano «paganti» e tredici si trovano sul Benaco, gli altri per lo più nelle Valli. Nel complesso, il Bresciano versa 15,2 milioni di euro e circa 10 milioni di questi arrivano dalle sponde del lago. Denari che confluiscono nel fondo nazionale da cui lo Stato ridistribuisce ai Comuni con minore capacità fiscale: poco meno di 95 milioni sono destinati alla nostra provincia..
A guidare la classifica è Sirmione, con un contributo di 3,2 milioni di euro, seguita da Desenzano del Garda con 2,1 milioni. Poi ci sono Ponte di Legno (1,39 milioni), Toscolano Maderno (1,39 milioni), Salò (1,15 milioni), Padenghe (887mila), Gardone Riviera (748mila), Temù (684mila), Gargnano (648mila), Manerba (592mila), Soiano (212mila), Moniga (177mila) e San Felice del Benaco (129mila). A completare l’elenco gardesano ci sono poi Polpenazze, Tignale e Tremosine, tutti con importi più contenuti ma - comunque - a saldo negativo.
Nel quadro gardesano c’è però anche un’eccezione: Puegnago, che nel 2025 riceve circa 95mila euro dal fondo. È l’unico Comune rivierasco a registrare un saldo positivo.
Come funziona
Il principio è quello della solidarietà: una parte del gettito Imu di tutti i Comuni viene trattenuta dallo Stato e poi redistribuita. Chi ha un gettito elevato contribuisce, chi ne ha uno ridotto riceve. Il sindaco di Desenzano, Guido Malinverno, accoglie la logica della redistribuzione con spirito positivo: «Sono felice del fatto che i Comuni “ricchi” condividano le risorse decise dallo Stato – osserva –. Sapere che una ventina di Comuni contribuiscono a sostenere l’intero sistema è una bella cosa. I Comuni devono essere una comunità: la solidarietà tra comunità è la base della politica locale. L’importante è che quei fondi vengano utilizzati nel migliore dei modi, a beneficio dei territori che ne hanno davvero bisogno».
Diversa la prospettiva di Luisa Lavelli, sindaca di Sirmione, il Comune che versa più di tutti. «Ci chiedono di contribuire perché abbiamo maggiori incassi, e il principio di solidarietà resta importante – spiega –. È pur vero però che questo sistema grava molto sul bilancio e su tutti i nostri costi. Sirmione ha spese altissime, e il fondo si porta via una fetta di risorse davvero significativa».
La prima cittadina richiama l’attenzione sulla specificità dei Comuni turistici, spesso trascurata nei parametri ministeriali: «In certi periodi dell’anno la popolazione raddoppia o triplica – aggiunge –. Dobbiamo assumere stagionali, garantire servizi, pulizia, sicurezza, e tutto questo pesa. Quello che non viene sufficientemente considerato da questo sistema è proprio la particolarità del Comune turistico».
Una perequazione basata sui fabbisogni
Di Ilaria Rossi
Il fondo di solidarietà origina dall’abolizione dei trasferimenti statali ai Comuni, ormai parecchio tempo fa. «Una storia lunga e complicata» semplifica Andrea Ferri, responsabile Dipartimento finanza locale Anci- Ifel e vicedirettore Fondazione Ifel, cui abbiamo chiesto di spiegare con parole semplici i meccanismi del sistema. «Il Fondo di solidarietà comunale ha l’obiettivo di assicurare risorse residue al netto dei cosiddetti gettiti standard, in seguito ai tagli delle risorse preesistenti. E diversamente da ciò che in molti ritengono, non si tratta di trasferimenti statali ai Comuni».
L’obiettivo alla base è operare una perequazione delle risorse a disposizione dei Municipi, mettendo in rapporto «i bisogni fiscali standard, ovvero i soldi che servono per far funzionare i servizi fondamentali, e le capacità fiscali standard, che derivano dall’Imu e altre imposte come addizionale Irpef e tassa di soggiorno. Quindi il Fondo tende a favorire i Comuni che manifestano più fabbisogni, a fronte della capacità fiscale, ovvero di quanto sono in grado di acquisire. Quindi, a goderne sono soprattutto comuni più poveri. Per evitare però che diventasse insostenibile per le realtà più ricche, nel 2020 è stato introdotto un correttivo, che pur continuando a favorire i Comuni con meno capacità economica evita che tutto il sistema ricada sulle spalle dei più ricchi. Lo Stato quindi ha messo in campo risorse per finanziare parte del fabbisogno maggiore dei Comuni meno dotati. Così che la redistribuzione interna risulti più equa».
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