Femminicidi, la mamma di Monia Delpero: «Servono risarcimenti equi»

Equiparare le vittime di femminicidio a quelle di mafia e terrorismo per accedere ad un risarcimento da parte dello Stato. È l’appello di Gigliola Bono, madre di Monia Delpero, vittima di femminicidio, fatto stamani durante la sua audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio.
La battaglia
Una battaglia decennale che la donna porta avanti da quando il 13 dicembre del 1989 sua figlia diciannovenne venne strangolata dall’ex, Simone Scotuzzi, che non si rassegnava alla fine di una storia durata pochi mesi. La ragazza venne chiusa in un sacco e gettata in un burrone sotto un ponte. Dopo aver partecipato anche alle ricerche, l’omicida confessò e fece ritrovare il cadavere. «Abbiamo intrapreso questa battaglia contro lo Stato – ha spiegato – perché venisse riconosciuto questo nostro diritto. Scotuzzi ha pagato solo una parte di questo risarcimento, 200 euro al mese con il quinto dello stipendio, per poi trasferirsi in Perù nel 2018, dove si è sposato e reso irreperibile».
L’istanza
«Nel 2011 abbiamo presentato istanza alla Prefettura di Brescia per accedere ai benefici della legge in materia di indennizzo delle vittime di reati violenti – ha spiegato la donna –. La risposta è stata un diniego motivato dal fatto che tali normative si applicano solo ad alcune categorie di vittime terrorismo e mafia ma non alle vittime di femminicidio. Questa discriminazione tra vittime di reati violenti viola palesemente il principio costituzionale di uguaglianza ed è in contrasto con la normativa europea».
Il calvario
Da lì è cominciato un calvario burocratico: «Ci siamo rivolti al ministero dell’Interno, al Tar di Brescia, al Consiglio di Stato di Roma, al Tribunale di Brescia il quale ci ha rispedito al Tribunale di Roma, e ora siamo alla Corte d’Appello di Roma: l’udienza è fissata per il 25 giugno e sicuramente ci sarà ancora un risultato negativo. Dovremo ricorrerre in Cassazione per poi poter andare a Strasburgo, perché purtroppo la legge italiana dice che se non hai finito tutti i gradi in Italia non puoi andare a Strasburgo».
L’appello
Per la mamma di Monia «non ci possono essere vittime uguali e risarcimento diversi. Cinquantamila euro sono manifestamente inadeguati per il danno subito. Vi prego di raccogliere questo appello – ha detto rivolgendosi ai membri della Commissione – e di tradurlo in azioni concrete, perché nessuna famiglia dovrebbe subire, oltre al dolore per la perdita di una figlia, anche l’umiliazione di vedersi negato un trattamento uguale agli altri. Mi chiedo perché su queste cause non ci sia il patrocinio gratuito. Anche se mi scoccia – ha concluso – non ho vergogna a dirlo: io non ho più soldi. Ho 71 anni, sono stanca ma non voglio smettere. È una battaglia troppo grossa ma sono in difficoltà».
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