Fanghi Wte, da Giustacchini «totale indifferenza per l’ambiente»
Nessun rispetto per l’ambiente ma solo la necessità di massimizzare i profitti. Ritiene questo il gup Angela Corvi nelle 91 pagine di motivazioni in cui illustra le ragioni per cui ha condannato Giuseppe Giustacchini, titolare della Wte, l’azienda bresciana accusata di aver sparso migliaia di tonnellate di fanghi tossici in 33 comuni del Nord Italia, ad un anno e quattro mesi con pena sospesa.
Smaltimento abusivo
«Dagli atti è emerso che egli, per un periodo di tempo rilevante, con assoluta spregiudicatezza e totale indifferenza per la salubrità dell’ambiente e delle piantagioni – si ricorda che gli pseudo gessi di defecazione erano destinati ad essere distribuiti, ed erano effettivamente oggetto di spandimento, su terreni e campi destinati a dare dimora a coltivazioni di prodotti per l’alimentazione umana, primo fra tutti il mais –, perseguiva pervicacemente una aggressiva politica di smaltimento abusivo dei rifiuti, in spregio alla normativa primaria e derivata vigente; al solo fine di massimizzare i profitti».
Abbattimento dei costi
Per la giudice infatti «l’intera attività imprenditoriale di Giuseppe Giustacchini e dei suoi più stretti collaboratori aveva, quale unico scopo, lo smaltimento illecito di tonnellate di rifiuti conferiti da terzi – rappresentati, come si è detto, da fanghi da acque reflue – al minore costo possibile». Secondo il tribunale «deve decisamente escludersi che i cosiddetti gessi di defecazione prodotti dalla Wte fossero impiegati come fertilizzanti», che l’azienda non vendeva ma regalava.
Nelle motivazioni si legge infatti che «Giustacchini ed i suoi complici si trovassero nelle condizioni di doversi necessariamente disfare del proprio “prodotto”, al fine di non interrompere il flusso di rifiuti in ingresso negli impianti – ciò che costituiva la vera ed unica fonte di guadagno per l’impresa». Stando alle indagini, grazie ad una serie di sistemi architettati dall’azienda, «Wte produceva dei rifiuti in grado di rispettare in sede analitica i titoli minimi previsti per la qualificazione del materiale come “gesso di defecazione”, dunque di fatto indistinguibili da quelli autentici, senza però passare attraverso la reazione di idrolisi basica, con un risparmio significativo di costi di produzione e con aumento della capacità di introitare rifiuti, grazie ai ridotti tempi di lavorazione».
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