Non si sa bene chi deve bonificare l’ex gasometro a Brescia Due
Visto dall’alto sembra una giostra e chi (ormai decenni fa) è riuscito a entrarci, è rimasto incantato da quel gioco di penombre e luci che lo rende molto simile a un caleidoscopio. Adesso però cade quasi a pezzi: sulle spalle ha ben 92 anni e parecchie delle ultime decadi le ha trascorse in ascetica solitudine, osservando tutt’attorno l’avanzata incalzante della modernità. L’ex gasometro, gendarme archeologico del parco Tarello, è invecchiato solo, abbandonato e reclama attenzioni: in fondo, è andato in pensione con discrezione ed è stato testimone della nascita della city, quella nuova Brescia (non a caso battezzata «Brescia Due») che per la prima volta ha voluto intestare uno spazio urbano a uffici, servizi e verde (e non solo alle fabbriche).
Negli anni è stato al centro di progetti, di sogni, di ricerche. E ora, il suo ritorno sulle scene è caratterizzato da «gialli» e contese da risolvere.
I solleciti
A chi appartiene innanzitutto il gasometro? Era della vecchia Asm, poi è diventato di proprietà comunale, ma negli uffici pubblici di via Marconi (ecco qui il primo «giallo») nessuno sa dove siano le chiavi.

Anche perché – chiariscono i tecnici – «non solo nessuno mette piede al suo interno da almeno trent’anni, ma ad eseguire le manutenzioni e le ispezioni era appunto Asm». Insomma, ciclicamente tutti si dimenticano dell’ex gasometro, confinato ai margini del cavalcavia Kennedy pur restando perennemente in bella vista.
A spezzare l’oblio, però, è la sua stazza: 28 metri di diametro e 50 di altezza sono difficili da non notare, specie se annunciati da transenne per impedire incidenti. E, infatti, a rispostare i riflettori sul dodecaedro è stata recentemente un’interrogazione presentata da Brescia Civica che, tra le altre cose, chiede appunto di chi sia la proprietà della struttura e a chi competa la manutenzione.
Una vicenda complessa
«La vicenda del gasometro è complessa e si trascina da decenni – spiega la sindaca Laura Castelletti –. La proprietà è del Comune dal 1998, da quando Asm è diventata una Spa e c’è stata la divisione dei beni, ma di fatto il sito è sempre stato utilizzato dalla ex municipalizzata. È evidente che questa situazione vada sanata e che non sia accettabile che il gasometro, che è tutelato dalla Soprintendenza come archeologia industriale, resti in quelle condizioni, senza un futuro».

Insomma, per la Loggia a doversene occupare è A2A, tanto che per due volte – nel 2015 con una nota inviata al dg Paolo Rossetti e nel 2022 – l’Amministrazione ha sollecitato la multiutility ad intervenire: «Negli anni - conferma la sindaca - il Comune ha chiesto, nel 2015 e nuovamente nel 2022, ad A2A di procedere con la messa in sicurezza: sono stati realizzati dei progetti, che si sono però arenati. Riapriremo la questione con i vertici dell’azienda».
Risanamento
Non solo. C’è anche la questione del possibile inquinamento dell’area (seconda incognita da risolvere), verosimile anche solo per la vocazione e la funzione che aveva la struttura. Una questione, anche questa, sollevata nell’interrogazione e sulla quale la sindaca non ha dubbi: «Se il suolo sotto il gasometro, oggi transennato, risulterà inquinato andrà certamente bonificato. Non è la prima volta che affrontiamo questioni del genere e le abbiamo sempre portate a termine, quindi procederemo anche in questo caso. Il principio – rimarca Laura Castelletti – è che chi inquina paga, quindi dovremo attivare A2A, che ha raccolto l’eredità di Asm, affinché intervenga».
La contesa
Dall’altro lato (e qui sta la contesa), dalla multiutility fanno sapere che «il gasometro è di proprietà del Comune dai tempi di Asm, dieci anni prima della nascita di A2A, elemento che rende impossibile per l’azienda intervenire direttamente sull’area». Il tema è però indubbiamente sul tavolo. Tanto che l’azienda sottolinea come siano «comunque in corso interlocuzioni con l’Amministrazione per provare a individuare insieme possibili soluzioni alla vicenda, nel rispetto dei rispettivi ruoli».
I progetti
Ma di quali altri progetti parla la Loggia? Costruito nel 1933, il gasometro ha iniziato la sua dismissione nel 1989 (a renderlo obsoleto fu l’avvento del metano), per poi chiudere definitivamente bottega nel 1992. Da quel momento non ha mai trovato un nuovo destino definitivo, anche se il dibattito è stato più volte aperto. Alla fine degli anni Novanta, ad esempio, era stato imbastito un concorso d’idee (ad aggiudicarsi il maggior punteggio fu un architetto di Padova).
Poi, nel 2021, il Comune, insieme ad A2A, aveva iniziato a lavorare per trasformarlo nel memoriale dedicato alle vittime del Covid. L’incarico era stato affidato allo studio internazionale di architettura Acpv di Antonio Citterio e Patricia Viel, lo stesso che ha firmato Torre Faro, la nuova sede milanese della multiutility. Il progetto bresciano legato alla pandemia è stato approfondito: compare, ad esempio, nel primo compendio di proposte in vista di Capitale della Cultura e a lavorarci, oltre allo studio Acpv, è stata anche la società Inginn (che ha sede sia a Milano sia a Bari). Anche perché, oltre al memoriale, si prevedeva la sistemazione del verde, la cinta strutturata avrebbe dovuto soppiantare le transenne ed era stato «disegnato» un passaggio pedonale protetto, così da esiliare il rischio che qualche frammento potesse staccarsi dallo scheletro e ferire i passanti.
Come tutte le volte precedenti, però, non se ne fece più nulla e il gasometro è tornato nell’oblio. Fino ad ora.
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