Esplosione a Verona, a Rezzato l’ultimo saluto al carabiniere Marco Piffari

Francesca Zani
Le spoglie del sottotenente sono tornate a casa: stamattina al cimitero il commosso addio. Presenti la famiglia, le autorità e tantissime persone
  • A Rezzato, la tumulazione del luogotenente Marco Piffari
    A Rezzato, la tumulazione del luogotenente Marco Piffari - © www.giornaledibrescia.it
  • A Rezzato, la tumulazione del luogotenente Marco Piffari
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L’urna di noce sull’altare di marmo bianco e due carabinieri in alta uniforme a custodire le spoglie del sottonenete Marco Piffari finalmente tornato a casa, nella sua Rezzato dove è stato bambino e adolescente. È così che stamattina nel cimitero di Rezzato è stato dato l’ultimo saluto a quello che, con i compagni di squadra il carabiniere scelto Davide Bernardello e il maresciallo Valerio Daprà, è diventato un «nostro eroe», morto nella tragedia di Castel D’Azzano.

Il papà Luigi, il fratello Andrea, la sorella Michela e i parenti ancora una volta hanno affrontato con coraggio il momento, forse il più doloroso, del distacco dal proprio caro. Insieme a loro, nella breve ma intensa cerimonia officiata dal cappellano militare don Lorenzo Cottali, il comandante della Legione Carabinieri Lombardia Giuseppe De Riggi, il generale di corpo d’armata Riccardo Galletta, il comandante interregionale Alberto Raucci, il generale Mauro Cipolletta, il prefetto Andrea Polichetti e il vicequestore vicario Francesco De Marco e il sindaco di Rezzato Luca Reboldi. Ma anche moltissimi amici, conoscenti e tante persone che hanno voluto stringere in un abbraccio la famiglia e testimoniare ancora una volta la vicinanza e l’affetto per quel Carabiniere morto nell’adempimento del proprio dovere.

«Quello che noi oggi stiamo compiendo, non è un addio: affidiamo Marco nella braccia del Signore, perché là con la sua mamma attenda ciascuno di noi». Questo uno dei passaggi più commoventi della breve omelia di don Cottali che ha citato anche alcuni passaggi del discorso pronunciato ai funerali di Stato di ieri: «si è vissuto un fatto duro, doloroso e incomprensibile, un fatto che ci fa nello stesso tempo trovare la vittoria sul male per la pace e il bene comune».

Pace e bene comune, ma anche bontà e fede, sono proprio le cifre di Marco, che il fratello Andrea ha sottolineato. «Il forte sentimento di rabbia per questa insensata tragedia, viene mitigato dalle testimonianze di umanità, coraggio e bontà di amici e colleghi di mio fratello. Una delle ultime l’ho ricevuta ieri quando mi è stato raccontata l’adozione a distanza di una bambina africana conosciuta da mio fratello in una delle sue missioni laggiù».

Il testamento morale

Sono tanti gli aspetti della vita di Marco che in questi giorni emergono grazie ai ricordi della famiglia che si intrecciano a quelli dei commilitoni. Frammenti che restituiscono il profilo di un uomo di profonda fede. A Gibuti, nel 2021 in una delle sue missioni, aveva costruito con le sue mani con dei pezzi di legno trovati nel deserto quello che lui stesso aveva definito il «Crocefisso del deserto», raccontando in uno scritto la motivazione di tale gesto.

La lettura di quello scritto è stato il momento più toccante della cerimonia di Rezzato. Il fratello Andrea ha ripercorso il testo nel silenzio più assoluto e nella commozione generale. «Questo mio percorso professionale in terra d’Africa mi ha aperto gli occhi del cuore più di quanto potessi mai immaginare e ho avuto qui la riprova che Dio usa singolari maniere per farti giungere la sua voce». Ancora: «Bossoli al posto dei chiodi e proiettili lungo il fusto che non intaccano la solidità delle croce. L’uomo nella sua scelleratezza potrà anche sparare, ma la fede e la bontà divina arresteranno sempre la sua barbarie. Ecco la chiave di lettura che mi sento di dare al crocifisso del deserto: la fede la bontà, la risolutezza di pochi magari avranno sempre la meglio sulle atrocità dei misfatti dell’uomo». Parole che oggi risuonano come il testamento morale del sottotenente Marco Piffari.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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