Deterrenza nucleare, anche il 6° Stormo all’esercitazione Nato

È iniziata oggi, si chiama «Steadfast Noon» e coinvolge 14 Paesi alleati, tra i quali l’Italia: non verranno utilizzate armi nucleari reali
Due F35 Lightning II, aerei di quinta generazione in servizio a Ghedi - Foto Ufficio Relazioni Esterne 6° Stormo
Due F35 Lightning II, aerei di quinta generazione in servizio a Ghedi - Foto Ufficio Relazioni Esterne 6° Stormo
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Questo lunedì la Nato ha dato il via alla sua esercitazione nucleare annuale Steadfast Noon (un nome fino a poco tempo fa classificato, quindi non divulgabile). Un appuntamento di routine che tuttavia assume, nel contesto geopolitico attuale, un valore strategico e simbolico di primo piano.

L’attività, ospitata quest’anno dai Paesi Bassi e coordinata dalla base aerea di Volkel, coinvolgerà 14 Paesi alleati (tra i quali l’Italia), 71 velivoli di 13 modelli diversi e circa 2.000 militari, tra equipaggi e personale tecnico di supporto. All’esercitazione partecipa anche il 6° Stormo di Ghedi, una delle basi in cui la Nato ha dislocato ordigni atomici, secondo quanto indicato da più fonti – a partire dalla Fas, la Federation of American Scientists – anche se per ovvie ragioni di riserbo militare, nessuna conferma è mai trapelata da Aeronautica militare, ministero della Difesa o dalla stessa Nato.

Ghedi stessa tuttavia in anni recenti ha ospitato l’esercitazione (l’ultima volta nel 2022), circostanza che corrobora l’ipotesi della presenza di bombe nucleari nella base bresciana.

Niente armi nucleari reali

L’obiettivo dell’esercitazione, come spiegano fonti del quartier generale di Shape (Supreme Headquarters Allied Powers Europe), è testare la prontezza della componente nucleare dell’Alleanza e l’integrazione tra forze aeree, logistiche e di protezione a terra. Non saranno utilizzate armi nucleari reali: le bombe custodite nei siti alleati non lasceranno i silos. Una parte rilevante dell’addestramento si concentrerà infatti sull’elemento terrestre di sicurezza e protezione delle armi nucleari, simulando scenari di minaccia complessi, inclusi attacchi informatici o incursioni con droni, tema di crescente attenzione in Europa. Le basi coinvolte sono quelle di Volkel (Paesi Bassi), Kleine Brogel (Belgio), Lakenheath (Gran Bretagna) e Skrydstrup (Danimarca).

Il segretario generale

«Si tratta di un’attività programmata e regolare, ma che invia anche un chiaro segnale di deterrenza ai potenziali avversari: la Nato resta pronta e determinata a difendere ogni alleato da qualunque minaccia», ha dichiarato il segretario generale Mark Rutte, intervenuto a Volkel. Steadfast Noon si svolgerà per due settimane, principalmente sul Mare del Nord, con il supporto operativo di basi in Belgio, Regno Unito e Danimarca.

L’Italia parteciperà come ogni anno con mezzi e personale, in modalità che l’Alleanza preferisce non dettagliare per ragioni di sicurezza, ma che comprendono normalmente assetti dual capable (DCAs) e squadre di supporto logistico. «Non agiamo in modo aggressivo né con una retorica irresponsabile – ha precisato Jim Stokes, direttore della politica nucleare della Nato –. Siamo e vogliamo restare un’alleanza nucleare responsabile».

Dal Cremlino

Il Cremlino ha reso noto che seguirà con la «massima attenzione» le manovre alleate, considerate da parte russa come «provocatorie nel clima attuale». Da ricordare, comunque, che la Russia svolge ogni anno esercitazioni simili – come la serie Grom – e che la reciprocità delle manovre è parte della «dialettica della deterrenza».

Il valore di Steadfast Noon non è solo operativo ma anche politico: la Nato ribadisce così la coerenza della propria postura di deterrenza nucleare, fondata sulla combinazione di forze convenzionali, missilistiche e aeree integrate sotto comando multinazionale. Un messaggio diretto non solo alla Russia ma anche ad attori emergenti come Iran e Corea del Nord, che negli ultimi mesi hanno intensificato programmi missilistici e test balistici.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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