Comunità montane modello: si studia il raddoppio con 10 aree omogenee

La più «in sofferenza» è l’area della Bassa, ma quella che per prima ha rotto il ghiaccio invocando la necessità di una rete strutturata ed efficace tra Comuni è stata, l’estate scorsa, la Franciacorta. Specie perché il modello da seguire e da replicare Brescia lo ha... «in casa»: un organismo comprensoriale sovracomunale per fare sistema e ottimizzare risorse e sviluppo, vale a dire le Comunità montane.
Ne è convinto anche il Broletto, che - proprio ascoltando le esigenze dei sindaci - aveva commissionato all’Università degli Studi di Brescia uno studio approfondito con l’obiettivo di redigere una prima ipotesi di divisione del territorio in aree omogenee.
Il dossier c’è, ma è rimasto per anni chiuso a chiave in un cassetto: ora, complice anche l’appello degli amministratori locali, la Provincia intende rispolverarlo e dare attuazione alle ipotesi di lavoro tratteggiate dal dipartimento di Giurisprudenza.
Gli obiettivi
Due gli scenari messi sul tavolo: entrambi prevedono di lasciare invariata l’architettura delle attuali cinque Comunità montane ed entrambi ne prevedono il raddoppio, arrivando a costituire in sostanza dieci «aree omogenee». Certo, non si potranno chiamare Comunità montana come quelle che ormai caratterizzano le nostre valli, ma «Comunità della Bassa occidentale» o «Comunità della Franciacorta» perché no?
Prima di capire quali sono le prospettive disegnate da UniBs, a spiegare come mai la suddivisione del nostro territorio in «reti di Comuni» sia effettivamente una strada da percorrere è il consigliere provinciale Paolo Fontana a cui (non a caso) il presidente Emanuele Moraschini ha affidato la delega specifica relativa alle Aree omogenee: «Nel contesto di sfide sempre più complesse legate alla gestione dei servizi pubblici, allo sviluppo infrastrutturale e alla sostenibilità delle risorse, emerge con forza l’esigenza di rafforzare i percorsi di aggregazione e cooperazione tra Comuni, anche attraverso il rilancio delle aree omogenee come strumento operativo e strategico per fare sistema e per migliorare la qualità dell’azione amministrativa locale».
Questo - prosegue Fontana - «attraverso un’organizzazione territoriale più efficiente, capace di superare i limiti frammentari delle attuali forme associative (come le Unioni di Comuni) e offrire una risposta concreta alle esigenze di governance sovracomunale».
Il concetto, in sostanza, è questo: la condivisione dei servizi tra enti locali permette sì di contenere i costi, ma soprattutto di «garantire una gestione coordinata e orientata al risultato, con ricadute positive sull’intero territorio». In particolare per quanto riguarda la programmazione delle infrastrutture sovracomunali, la pianificazione del territorio e dei servizi ambientali, ma anche lo sviluppo economico e la digitalizzazione. Senza contare che ormai, anche i bandi europei, statali e regionali, catalizzano sempre più spesso la maggioranza dei fondi su infrastrutture sovracomunali.
«Questo percorso - garantisce comunque il consigliere Fontana - va ripreso e consolidato, un lavoro che si metterà in moto attraverso una serie di incontri sul territorio da organizzare insieme ai Comuni».
I due scenari
Cosa prevede lo studio elaborato dall’Università? Altre cinque aree. La prima è quasi già prestabilita: si tratta della città, che potrebbe «abbracciare» i Comuni limitrofi, a partire dallo schema della Giunta dei sindaci. Nel caso dell’area omogenea, però, verrebbero «sfilati» i Comuni di Bovezzo, Concesio e Nave perché fanno già parte della Comunità montana della Valtrompia.
Bassa orientale
Gli altri quattro ambiti sarebbero invece da ideare ex novo. Quali criteri sono stati utilizzati? Numero di abitanti, numero di Comuni per ogni area omogenea, estensione territoriale. Così l’area omogenea 7 (Bassa orientale) raggruppa Acquafredda, Bedizzole, Calcinato, Calvagese, Calvisano, Carpenedolo, Muscoline, Desenzano, Lonato, Manerba, Mazzano, Moniga, Montichiari, Nuvolento, Nuvolera, Padenghe, Polpenazze, Pozzolengo, Prevalle, Puegnago, Remedello, San Felice, Sirmione, Soiano e Visano.
Bassa sud-orientale
Per la numero 8 (Bassa sud-orientale) ci sono due ipotesi. Il primo scenario racchiude Alfianello, Bagnolo Mella, Bassano Bresciano, Cigole, Fiesse, Gambara, Ghedi, Gottolengo, Isorella, Leno, Manerbio, Milzano, Montirone, Offlaga, Pavone Mella, Poncarale, Pontevico, Pralboino, San Gervasio, Seniga, Verolanuova e Verolavecchia.
Bassa sud-occidentale
Il secondo scenario immagina invece di scorporare i Comuni di Verolavecchia, Poncarale, Offlaga e Verolanuova e di farli eventualmente convogliare sull’area omogenea 9 (Bassa sud-occidentale).
Che sarebbe così composta: Azzano Mella, Barbariga, Berlingo, Borgo San Giacomo, Brandico, Capriano del Colle, Comezzano, Corzano, Dello, Lograto, Longhena, Maclodio, Mairano, Orzinuovi, Orzivecchi, Pompiano, Quinzano, Roccafranca, San Paolo, Torbole, Travagliato, Trenzano e Villachiara.
Bassa bresciana occidentale
L’ultima area omogenea (la numero 10, ossia Bassa bresciana occidentale) vedrebbe fare rete Adro, Capriolo, Castegnato, Castelcovati, Castrezzato, Cazzago, Chiari, Coccaglio, Cologne, Corte Franca, Erbusco, Ospitaletto, Paderno Franciacorta, Palazzolo, Paratico, Passirano, Pontoglio, Provaglio d’Iseo, Rodengo Saiano, Rovato, Rudiano e Urago. Lo studio precisa però che sarebbe possibile anche «raggruppare solo i Comuni che fanno parte del Piano territoriale regionale d’area Franciacorta e allocare i restanti Comuni previsti della nella Bassa sud-occidentale».
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