Compost inquinato, confermato il sequestro dell’impianto di Ghedi
È stato confermato dal Tribunale di Brescia il sequestro preventivo dell’impianto di compostaggio di Ghedi, insieme ai relativi macchinari e attrezzature utilizzati per la gestione illecita dei rifiuti. Il provvedimento è stato eseguito dai militari del Nucleo Carabinieri Forestale di Brescia e dal Norm della Compagnia Carabinieri di Verolanuova, su disposizione del giudice per le indagini preliminari e su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.
Rifiuti travestiti da fertilizzanti
Secondo le indagini, la società avrebbe proseguito per anni la propria attività senza modificare le modalità di gestione, continuando a operare in modo illecito. I prodotti presentati come fertilizzanti risultavano, in realtà, rifiuti non adeguatamente trattati.
In assenza di un vero mercato, l’azienda avrebbe sostenuto i costi di distribuzione di questo falso compost nei terreni agricoli della Lombardia e dell’Emilia Romagna. E dalle verifiche è emerso che i materiali sarebbero stati smaltiti irregolarmente in cinque province: Brescia, Mantova, Cremona, Lodi e Piacenza.

L’analisi di circa seimila documenti di trasporto ha permesso di individuare 17 Comuni dove il materiale è stato distribuito: Brescia, Calvisano, Bagnolo Mella, Fiesse, Ghedi, Gottolengo, Montichiari, Leno, Montirone, Casalromano, Acquanegra sul Chiese, Crotta d’Adda, Sergnano, Fombio, Castelvetro Piacentino, Monticelli d’Ongina e Villanova sull’Arda.
Le accuse e il procedimento
Nel fascicolo aperto dalla procura risulta indagato il legale rappresentante della società per attività organizzate di traffico illecito di rifiuti. È inoltre coinvolta la stessa impresa, in base alla normativa sulla responsabilità amministrativa delle società prevista dal decreto legislativo 231 del 2001.
Le responsabilità penali dovranno essere accertate in giudizio. Il sequestro, disposto dal giudice, ha lo scopo di interrompere la gestione ritenuta irregolare e preservare le prove raccolte nel corso dell’indagine.
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