Collio, chiude il centro migranti: il sistema dei Cas perde 25 posti

La rinuncia dei proprietari dell’hotel «Al Cacciatore» impatterà la macchina bresciana della solidarietà e del sostegno ai migranti in fuga da guerre, pestilenze e crisi climatiche
Il prefetto Andrea Polichetto in vista nei mesi scorsi a San Colombano di Collio © www.giornaledibrescia.it
Il prefetto Andrea Polichetto in vista nei mesi scorsi a San Colombano di Collio © www.giornaledibrescia.it
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Chiude i battenti a cinque mesi da quei terribili fatti che avevano fatto conoscere il nome dell’hotel di San Colombano di Collio in tutta Italia. Era settembre quando tra le mura dell’albergo «Al Cacciatore» si consumò lo stupro di un migrante su una bambina di dieci anni, anche lei ospite della struttura con la madre, che rimase incinta. Un episodio drammatico che aveva danneggiato la comunità migrante ospitata e i gestori della struttura, da un decennio convertito in centro di accoglienza.

A 150 giorni di distanza i proprietari rinunciano alla gestione del centro e in via Maniva 97 potrebbero presto tornare alla precedente attività di ristoratori e albergatori. La decisione della famiglia Cantoni, comunque, risale a un anno fa e non sarebbe dunque legata all’episodio violento.

Ma con la chiusura de «Al Cacciatore» il sistema bresciano dei Cas – che pure vanta una lunga e vasta tradizione sull’accoglienza – perde altri 25 posti letto per i richiedenti asilo in fuga da guerre, pestilenze e crisi climatiche. Una nuova tegola per la macchina della solidarietà in provincia, dopo che solo due anni fa a Cologne e a Erbusco è stato chiuso il progetto Sai gestito dalla cooperativa Cascina Clarabella, capace di garantire invece 27 posti per uomini singoli. Disponibilità in calo, a fronte di arrivi in aumento (nei primi due mesi dell’anno sono infatti stati 6.527 i profughi sbarcati sulle coste italiane, nello stesso periodo del 2024 erano stati 4.204).

In provincia

Ecco perché le Prefetture di tutta Italia sono allertate per riuscire ad assorbire eventuali flussi crescenti: oggi sono 1.697 i migranti che si trovano nei Centri di accoglienza straordinaria di 45 comuni bresciani (sono 130 tra appartamenti e hotel) e altre 604 persone sono inserite nei 12 progetti appartenenti al Sistema accoglienza e integrazione – dedicato a chi non viene considerato idoneo all’ottenimento della richiesta di protezione internazionale – che coinvolge su base volontaria i comuni della provincia.

Ma c’è anche chi, pur avendo diritto all’accoglienza, non viene inserito né nei Cas né nei Sai. Si tratta di uomini, donne e (tanti) bambini per i quali spesso vengono incontro i Servizi sociali del Comune di Brescia. Nel capoluogo, ad esempio, a dicembre il numero di persone escluse dall’accoglienza è cresciuto a 72, di cui 24 nuclei familiari. Diciotto di questi ultimi è preso in carico dai Servizi sociali. In sintesi: i posti non sono mai sufficienti.

Le proteste

Certo, l’apertura di nuovi centri di accoglienza spesso non è agevolata; e anzi osteggiata da frange politiche o pezzi delle stesse comunità. Come accaduto nella stessa Collio: quando nell’estate del 2015 l’hotel «Al Cacciatore» smise le vesti di albergo per indossare quelle di struttura per migranti si scatenò il pandemonio: centinaia di abitanti del paese, negli anni Novanta meta turistica servita da un impianto sciistico (poi dismesso e trasferito in Grecia), arrivarono nella frazione di San Colombano in protesta: cori, slogan, urla, lanci di uova e sassate contro le finestre. Nessuno sembrava volere quelle 20 persone.

Il commento

Dieci anni dopo, sembra essere arrivata la parola fine. Si dice soddisfatta la parlamentare leghista Simona Bordonali, che lo scorso ottobre aveva chiesto con fermezza che il centro migranti venisse chiuso.

«Il nostro territorio ha bisogno di strutture turistiche, non di centri che creano tensioni sociali. Ci auguriamo ora di poter voltare pagina, pur restando consapevoli delle gravi conseguenze che quel terribile episodio ha lasciato sulla bambina coinvolta, alla quale auguriamo di poter trovare tutto il supporto necessario per superare quanto accaduto. La chiusura di questo centro segna un passo importante per il territorio dell’Alta Valtrompia e rafforza la necessità di rivedere la gestione dell’accoglienza nei piccoli comuni, affinché situazioni simili non si ripetano mai più».

Di certo, almeno per ora, la piccola popolazione di Collio – poco più di 2mila abitanti – non avrà più preoccupazioni in questo senso.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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