In Carmine è nata la Casa delle Stelle: un salotto culturale per tutti

Arte, moda, danza e comunità si incontrano in questo club di quartiere di respiro internazionale con radici territoriali: «Non è una Berlino in miniatura, ma Brescia quando si permette di brillare diversamente»
  • Casa delle Stelle: un po' locale un po' salotto della zia
    Casa delle Stelle: un po' locale un po' salotto della zia - © www.giornaledibrescia.it
  • Casa delle Stelle: un po' locale un po' salotto della zia
    Casa delle Stelle: un po' locale un po' salotto della zia - © www.giornaledibrescia.it
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Una Casa delle Stelle dove nulla si distrugge e tutto si reinventa: i vestiti, gli oggetti e anche i sentimenti. Un salotto aperto e inclusivo dove si chiacchiera, si balla, ci si confronta, si progetta e si ricomincia tutto daccapo. È aperto da poche settimane in contrada del Carmine, al numero 21A: ha forma di locale, modalità di circolo (Arci) e sostanza di spazio ibrido comunitario, che strizza l’occhio a un immaginario che ha nostalgia di Warhol, Westwood e Basquiat.

In origine era la giacca

Casa delle Stelle è la factory dei Figli delle Stelle, progetto di moda upcycling queer creato in origine da Andrew Ghisini ed Enrico Decca per dare nuova vita ad abiti, tessuti e campioni altrimenti destinati alle discariche di rifiuti tessili che stanno inquinando il terzo mondo. Il primo, 31 anni, è un designer di moda e organizzatore eventi; il secondo, 43 anni, è un social media manager, creator e danzatore di flamenco. «Tra giacche vintage da recuperare e sogni troppo grandi per restare in un armadio» ci raccontano loro, hanno messo insieme «un progetto cresciuto nomade: tra market ed esposizioni in tutta Italia».

Il nome del loro brand, oltre che un esplicito omaggio ad Alan Sorrenti, è stato deciso dal fato: «Avevamo tanti nomi che ci piacevano. Non riuscendo a decidere li abbiamo scritti su tanti foglietti di carta e abbiamo fatto scegliere dal nostro cane Budino. Ovviamente ha scelto bene. Figli delle Stelle non è solo un pezzo da canticchiare, ma contiene due concetti a noi affini: l’idea che tutti abbiamo una parte “stellare”, fragile e luminosa allo stesso tempo; e il desiderio di creare abiti che fossero figli di nuove possibilità, cuciti a partire da ciò che già esiste ma vuole rinascere. È un riferimento dichiarato a quell’immaginario anni ’70 morbido e libero, ma anche a una genealogia affettiva: chi entra in questo progetto diventa parte di una costellazione».

Una filosofia pervasiva e rappresentativa non solo di un marchio di moda sostenibile, ma di uno stile di vita, di una concezione del mondo. «Trasformiamo abiti, mobili, spazi – confermano Andrew ed Enrico –, ma soprattutto cerchiamo di dare valore alle persone e alle relazioni che li abitano. Per noi l’upcycling non è solo moda: è una pratica culturale. Se un oggetto può rinascere, anche le comunità possono farlo».

Un luogo speciale

Pezzi di recupero arredano la Casa delle Stelle
Pezzi di recupero arredano la Casa delle Stelle

Da qui l’idea di rinunciare parzialmente al nomadismo per dare un tetto alle giacche, agli oggetti, agli eventi e alle persone. Attraverso un luogo fisico e un’associazione culturale dove far incontrare moda, arte, danza e comunità. Una Casa delle Stelle, appunto. «La sede in Contrada del Carmine l’abbiamo trovata quasi per caso, in una di quelle giornate in cui cerchi tutt’altro. Era uno spazio da immaginare. Ci ha chiamati per quello: un pianterreno ampio e luminoso, una scala che portava in una grotta sotterranea abbandonata ma piena di carattere. Abbiamo messo le mani ovunque: abbiamo recuperato mobili, costruito elementi a mano, portato dentro oggetti delle nonne, stoffe, specchi, e tutta la nostra ossessione per la trasformazione. In poche settimane lo spazio ha iniziato a parlare. È stato un processo veloce ma intenso, fatto di serate a verniciare, scegliere luci e reinventare ogni angolo. Adesso è una casa, non solo per noi».

Fra il salotto e il queer club

Un po’ salotto della zia, un po’ queer club; a cavallo fra un circolo culturale e uno spazio comunitario in cui ti potresti imbattere a Berlino, Barcellona o Londra. Nella Casa delle Stelle si può «ascoltare un dj set, partecipare a un talk, provare una giacca, ballare e chiacchierare fino a tardi. Non vogliamo imitare nessuno – ammoniscono –. L’idea è portare quella stessa energia internazionale, ma con radici locali, intime, fatte di relazioni reali. Casa delle Stelle non è una Berlino in miniatura, piuttosto è Brescia quando si permette di brillare diversamente».

La Sayonara Box della Casa delle Stelle
La Sayonara Box della Casa delle Stelle

E se oggetti e persone possono trasformarsi e splendere, possono farlo anche i sentimenti. Mutuando un’idea che arriva dal Giappone, Casa delle Stelle ha anche una sua specialissima cassetta postale dove imbucare lettere senza indirizzo. Sono destinate ad amori perduti e familiari scomparsi, fidanzati immaginari e amori che non ci sono più. Contengono parole sospese ed emozioni strozzate, perché anche i sentimenti tendono a non andare da nessuna parte: non scompaiono e non si distruggono, assumono solo forme diverse. Da qualche parte fra le Stelle.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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