Scuola, i supplenti: «Lavoro scelto per passione, ma è un’odissea averlo»

Dall'ingegneria biomedica alla letteratura comparata, i giovani precari sono preparati e amano stare in classe
Docenti in lista di attesa - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Docenti in lista di attesa - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Lo stereotipo vuole che l’insegnamento sia una «professione di ripiego», scelta dai più per bisogno o «in attesa di trovare di meglio». Ma non è così, e a dimostrarlo ci sono i docenti, tutti precari, che abbiamo intervistato. Mariangela Bonaccurso ha soli 28 anni ed è laureata in Ingegneria biomedica. È una di quelle insegnanti di materie Stem così ricercate in Italia e, oltre all’abilitazione per insegnare matematica, ha conseguito il titolo anche per il sostegno:«Ho iniziato come molti per esigenza, poi mi è piaciuto, soprattutto ho trovato bello e facile il rapporto con i ragazzi».

Una passione talmente grande da commuoversi mentre parla dei suoi alunni ce l’ha anche la 25enne Nicole Baiguera che è fresca di abilitazione per la classe di concorso A12, italiano e storia, ma ha insegnato pure greco e geografia, e anche in lingua inglese. Per lei all’orizzonte c’è una pausa dall’insegnamento perché sta per trasferirsi a New York per un dottorato di ricerca in letteratura comparata, ma «ho voluto conseguire l’abilitazione prima di partire – dice – per poi tornare ad insegnare». E aggiunge: «Non è stato facile il percorso di abilitazione perché eravamo impegnati nelle lezioni, dopo la scuola, tutti i pomeriggi». Senza contare l’investimento economico che si aggira attorno ai 2mila euro.

Altre testimonianze

Tra chi ha appena terminato il percorso di abilitazione c’è anche Tiziana Serena, 36 anni, di Concesio, che da anni insegna lettere. «Finalmente sono in prima fascia – dice –: questo mi dà maggior sicurezza di lavorare, anche se mi spaventano le continue riforme che ci passano sulla testa. Quest’anno, infatti – spiega –, ho lavorato solo da gennaio perché, nonostante avessi un punteggio molto alto, mi sono vista passare davanti coloro che avevano svolto il Servizio civile, ma con pochissima esperienza». E aggiunge: «Ho avuto una crisi e quindi ho capito che se non si ha l’abilitazione non si lavora. Da qui la decisione di iscrivermi ancora in Cattolica e affrontare il corso che è durato da aprile a giugno tra lezioni e tirocinio, nel mio caso indiretto data l’esperienza nella scuola». E ora il concorso? «No, ho deciso di restare in prima fascia, di non partecipare al prossimo Pnrr3 e di aspettare una tornata con più posti dato che per motivi personali non posso permettermi di essere mandata in un’altra provincia».

«Era il mio sogno: mi piace trasmettere conoscenza e la passione per la mia materia»: così Maurizio Mingardi, 39 anni di Passirano, che insegna inglese e spagnolo. Ha già partecipato ai due concorsi più recenti, il Pnrr1 e il Pnrr2, ma pur essendo stato dichiarato idoneo non è un vincitore di concorso:«Farò anche il prossimo – dice –, ma spero di farne il meno possibile. Il problema è che non c’è una graduatoria, quindi, non so se sarò chiamato tra il 30% dei non vincitori. Al di là del precariato – conclude – fa rabbia aver superato l’esame e non entrare».  

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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