Viaggio all’ortomercato di Brescia fra tradizione e nuove sfide

Via Orzinuovi 86: è qui il cuore pulsante del commercio di frutta e verdura. Da punto di riferimento per fruttivendoli e grossisti a possibile hub logistico, ecco cosa sta cambiando al mercato ortofrutticolo
L'ingresso pedonale del mercato ortofrutticolo di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso pedonale del mercato ortofrutticolo di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Pare di stare nel Suq di Marrakech. O nel Gran Bazar di Istanbul. Dove si tratta su tutto, anche per il prezzo di un paio di calzini di alpaca o di una saponetta di Aleppo. Ma qui non c’è il deserto di Agafay né lo stretto del Bosforo, siamo tra il cemento e l’asfalto della pianura padana dove il vento freddo che scende dal Guglielmo e dai Campiani si insinua fin dentro le ossa e conserva al meglio frutta e verdura messe in vendita ogni giorno.

Ecco perché stupisce essere testimoni dell’arte della negoziazione. Sembrava un’usanza morta, da queste parti, soppiantata dal prezzo fisso della grande distribuzione e lasciata all’archetipo del mondo mediorientale. E invece in via Orzinuovi 86 si muove un mondo parallelo.

Trattative

«Il prezzo di ogni prodotto cambia nel corso della mattinata. Dipende da come sono andate le vendite, dal tipo di cliente, anche dall’orario e da quante cassette sono rimaste». Si tratta sempre, su ogni prodotto. Alle cinque del mattino, quando Brescia dorme, qui è la Babele del commercio. Grossisti, produttori, venditori, acquirenti. Nell’imponente struttura che ospita il mercato ortofrutticolo (il secondo in Lombardia per superficie e quantità) è un via vai indistinto di corpi e di voci, che si aggirano tra capulì e carciofi, tra arance e fragole.

Da una parte ci sono i grossisti – che vendono frutta e verdura proveniente da tutta l’Italia e dall’estero – dall’altra i produttori, soprattutto bresciani, che espongono con orgoglio il frutto del proprio lavoro nelle campagne. Serve una guida per orientarsi nella galleria del vento gelido che attraversa i 64 stand modulari: oggi sono 17 i venditori concessionari di posteggio, ma ci sono anche 54 ditte produttrici.

«E negli ultimi anni sono aumentate quelle gestite da stranieri, soprattutto indiani e pakistani, che mettono in vendita i prodotti della terra che coltivano». Un segno dei tempi.

Prima i fruttivendoli, poi il pubblico

- Un momento della giornata all'ortofrutta, che inizia prima dell'alba - © www.giornaledibrescia.it
- Un momento della giornata all'ortofrutta, che inizia prima dell'alba - © www.giornaledibrescia.it

Ma chi arriva ad acquistare in via Orzinuovi 86 prima di ogni alba? Soprattutto fruttivendoli di vicinato e la piccola-media distribuzione, che come affluenti di un fiume portano i prodotti a tutta la popolazione locale.

Ma non solo: quando i bancali sono ormai leggeri, le cassette ridotte all’osso e il sole è spuntato si apre al pubblico. A quell’ora la maggior parte dei prodotti della terra è già in viaggio sulle strade del nord Italia, ma i bresciani più attenti alla qualità si accaparrano le rimanenze. Ovviamente trattando.

La frutta e la verdura che arriva qui finisce anche sulle tavole dei vicini cremonesi, mantovani e bergamaschi. Qualcosa fa capolino persino a Sondrio e a Trento.

Un mercato vivo e vegeto

«È da sempre che ciclicamente si parla di crisi del mercato ortofrutticolo, ma è qui vivo e vegeto», ironizza il direttore dell’ortomercato Marco Hrobat. Poi però si fa serio: «Certo, è un momento critico che riflette la situazione che stiamo vivendo, legata soprattutto allo scenario internazionale e alla crisi economica. Ma sopravviviamo molto bene difendendoci con una qualità e una freschezza del prodotto invidiabile».

Marco Hrobat - © www.giornaledibrescia.it
Marco Hrobat - © www.giornaledibrescia.it

E anche se i picchi di vendita sono lontani, qui viene commercializzato ogni anno un milione di quintali di frutta e verdura. «Negli ultimi 25 anni le vette le abbiamo invece registrate in due momenti storici distinti: con il cambio lira-euro nel 2002 e durante la pandemia da coronavirus nel 2020».

L’ortomercato, però, potrebbe presto cambiare pelle. E Hrobat anticipa il progetto a cui sta lavorando il Consorzio Brescia Mercati SpA, la cui quota maggioritaria è della Loggia: «Nel prossimo futuro potrebbe essere utilizzato non solo per vendere frutta e verdura, ma anche come centro di logistica e distribuzione per Brescia e di rappresentanza per altre province limitrofe». Anche questo un indizio del mondo che cambia.

Il gestore

Come consuetudine legislativa nella maggior parte dei mercati all’ingrosso italiani, anche quello di Brescia è gestito da un ente gestore, il Consorzio Brescia Mercati spa, la cui quota maggioritaria è del Comune di Brescia (57,96%). Fanno parte della compagine societaria anche la Camera di Commercio (21,76%), la Provincia di Brescia (12,60%) e la Comunità montana di Valle Trompia (0,79%). Lo stesso Consorzio ha acquisito azioni proprie per il 6,89%.

Dopo valutazioni e studi, la struttura è stata costruita in un’area urbana periferica, nei pressi di importanti arterie stradali e autostradali che ne agevolano l’accesso. L’area su cui sorge il mercato occupa una superficie totale di 64.270 metri quadrati più altri 30mila di piazzale esterno, quest’ultimo oggetto dell’implementazione del progetto ampliamento per ulteriori 8.620 metri quadrati.

Cosa si trova

Al mercato ortofrutticolo - © www.giornaledibrescia.it
Al mercato ortofrutticolo - © www.giornaledibrescia.it

Come ogni mercato ortofrutticolo, anche a Brescia vengono vendute moltissime varietà di frutta e verdura, mentre il numero di persone che ogni giorno frequenta l’ortomercato per acquistare la merce raggiunge punte massime di mille unità giornaliere. Il sabato, invece, dedicato ai clienti e consumatori privati, il flusso è persino maggiore, fino a picchi di tremila.

Sono 64 stand modulari a disposizione dei venditori concessionari dei posteggi. L’ortomercato di Brescia è inoltre fornito di due magazzini adibiti a celle frigorifere e di un magazzino per il recupero degli imballaggi, inoltre vi lavorano una ditta acquisitrice esterna (per appalti di forniture di mense), una cooperativa facchinaggio per la movimentazione delle merci.

Nel corso degli anni il Consorzio Brescia Mercati ha provveduto a potenziare i servizi offerti agli utenti dotandolo di apposite aree coperte adibite a carico e scarico merce. Il Consorzio Brescia Mercati spa ha contribuito all’ammodernamento degli stand stanziando fondi per la loro coibentazione. È stata inoltre realizzata un’area centralizzata per lo stoccaggio, la raccolta e la differenziazione dei rifiuti. Il mercato inoltre è completamente cablato a fibra ottica, caratteristica che gli conferisce un’elevata potenzialità per quanto riguarda lo sviluppo che la società intenderà intraprendere in futuro.

I mercati in Italia

Secondo un’indagine svolta dall’Andmi, l’Associazione dei direttori di mercati all’ingrosso, nel nostro Paese sono in attività oltre 200 strutture all’ingrosso, di cui 137 mercati e centri agroalimentari, 58 mercati ittici, 19 mercati floricoli e delle piante ornamentali, 10 mercati delle carni e avicoli.

Ma quando nasce la dizione Centro agroalimentare? Mezzo secolo fa, per opera di un gruppo di studiosi incaricati dall’azienda municipalizzata mercato ortofrutticolo di Bologna. Presero come punto di riferimento il Food center di Filadelfia: da qui la traduzione in centro alimentare con successiva creazione, da parte del Comune di Bologna, della società Centro alimentare che iniziò a studiare la progettazione della nuova struttura.

In sostanza si tratta di passare dal vecchio mercato, unicamente dedito alla vendita all’ingrosso in predeterminate fasce orarie, ad un complesso di strutture articolate in tre parti: mercati, aree annesse con magazzini e piattaforme logistiche, centro direzionale. Come i grandi mercati spagnoli o di altri moderni Paesi.

Con l’avvio del Piano nazionale dei mercati, grazie alla legge finanziaria n. 41 del 1986, l’esperienza bolognese venne assorbita dai vari progettisti e venne pure mutuato il termine per definire la nuova realtà. Il Piano mercati prevedeva il rinnovamento non solo strutturale, ma anche organizzativo e gestionale delle nuove strutture. Era obbligatoria la società mista a maggioranza pubblica (comune, provincia, regione, camera di commercio) ma con l’obbligatoria partecipazione, seppure in minoranza, dei privati, con particolare riguardo alle imprese grossiste, ma non solo.

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