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Consiglio comunale a Brescia: al centro l’ex caserma Randaccio

Convocato a partire dalle 9 dal presidente dell’Aula del capoluogo, Roberto Rossini. La seduta politico-amministrativa si aprirà con le interrogazioni
Il Consiglio comunale - Foto Comune di Brescia/Christian Penocchio
Il Consiglio comunale - Foto Comune di Brescia/Christian Penocchio
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Sarà la ex caserma Randaccio la “star” del Consiglio comunale di scena oggi a Palazzo Loggia. Convocato a partire dalle 9 dal presidente dell’Aula del capoluogo, Roberto Rossini, la seduta politico-amministrativa si può seguire in diretta streaming.

A dettare il «La» al dibattito saranno, come tradizione vuole, le interrogazioni a cui sarà dedicata la prima ora del botta e risposta. In particolare, Fratelli d’Italia chiederà conto alla sindaca Laura Castelletti e alla sua squadra di assessori del divieto di manifestazione in vigore in piazza Loggia, dell’utilizzo delle Guardie ecologiche volontarie (Gev) a supporto degli ispettori ambientali e della Polizia locale, oltre che dei ripetuti incendi – e della conseguente inagibilità delle cantine – nei condomini di via Monte Cengio e di via Montello.

Ma ad interpellare la Giunta sarà anche la squadra di maggioranza, che intende portare in Aula il caso delle firme fasulle legate alla petizione promossa dal coordinamento cittadino di Fratelli d’Italia, un’istanza relativa alla sicurezza e al decoro urbano.

La vicenda è stata al centro delle cronache delle ultime settimane e la discussione in Consiglio inizia già con una polemica in sottofondo: la formula dell’interrogazione prevede infatti un botta e risposta a tempo tra i firmatari dell’istanza e l’assessore di riferimento, il che significa che i rappresentanti del partito della premier non avranno modo di ribattere.

Delibere

Scavalcate le 10 – e se non ci saranno interruzioni nei lavori d’Aula – inizierà invece il confronto sulle delibere. A partire da quella che avvia la nuova fase del Bocciodromo Pescheto di via Rodi, 18.

A illustrarla sarà l’assessore allo Sport Alessandro Cantoni: lo spazio è affidato alla gestione della San Filippo Spa, società 100% Comune di Brescia che ha la regia degli impianti sportivi cittadini e oggi il Consiglio dovrà adottare gli indirizzi per affidare la struttura in concessione.

Largo poi alla discussione sul futuro della ex caserma Randaccio, uno dei temi intramontabili nello scontro politico bresciano: all’interno della cittadella di via Lupi di Toscana è prevista una ristrutturazione in grado di fare spazio agli uffici della Prefettura di Brescia e, soprattutto, alla nuova sede provinciale dell’Agenzia delle Entrate. Resta però aperto il rebus dei parcheggi.

Sul divieto di manifestazione in piazza Loggia

Una gestione «arbitraria e disomogenea dei permessi, con conseguente disparità di trattamento tra soggetti e associazioni richiedenti», una discrezionalità che «contrasta con i principi costituzionali e con il principio di uguaglianza sancito nell’articolo 3 della Costituzione».
A puntare il dito contro il divieto di manifestazione in piazza della Loggia e a chiedere conto alla Giunta è Giovanni Posio (Fratelli d’Italia), che ricorda: «Questa regola è giustificata come una misura rivolta a tutelare il decoro e il valore simbolico della piazza, ma nei fatti si traduce in una forte limitazione della libertà di manifestazione del pensiero e di riunione», posto il fatto che «piazza Loggia rappresenta per la comunità bresciana non solo un luogo simbolico e di memoria, ma anche uno spazio di aggregazione civica».

Non solo. Secondo Posio, nonostante il divieto in vigore, «in numerose occasioni si sono comunque svolte in piazza Loggia manifestazioni di carattere politico o sociale senza che l’Amministrazione sia intervenuta per vietarle». Il riferimento è, in particolare, ai presidi a sostegno della causa palestinese. Da qui le domande (non senza una punta di provocazione): «Quali sono i criteri oggettivi? In base a quale norma è stato introdotto il divieto? E chi vigila per il suo rispetto?». Anche perché, per Fratelli d’Italia, quel divieto andrebbe tolto.

La risposta della sindaca

A ribattere è direttamente la sindaca Laura Castelletti, che chiarisce: «Abbiamo mantenuto le regole precedentemente concordate con l’allora prefetto Attilio Visconti nel Comitato ordine pubblico e sicurezza. Otto piazze di ogni dimensione sono garantite per esprimere le proprie istanze, mentre piazza Loggia è stata dedicata ad eventi organizzati dal Comune e ad iniziative istituzionali. Chi può intervenire durante una manifestazione non autorizzata è la Questura: questo è chiaro».

Poi, il commento politico: «A me non piace chi fa politica con prepotenza. Riconoscere piazza Loggia come la piazza della città è importante, perché si tratta di una piazza democratica e antifascista, valori che vanno tutelati: preservare la stele e le vittime è importante anche simbolicamente. So bene che c’è chi si esercita a destra come a sinistra a minare l’unità della piazza, ma finché sarò sindaca farò il possibile per mantenere unita questa piazza».
Una risposta che il consigliere boccia: «Mi pare che ci sia una certa difficoltà a mantenere questo ordine, in diverse occasioni, risulta evidentemente molto difficile. E la non applicazione delle regole apre a un profilo di non imparzialità. Se non si riesce a farlo rispettare, meglio eliminare il divieto: o si applica il regolamento in maniera rigorosa, oppure revisioniamolo e mettiamo a disposizione la piazza garantendo che le eventuali manifestazioni si svolgano in maniera corretta e ordinata. Non mi pare, signora sindaca, che associazioni di destra abbiano mai violato questo divieto».

Il caso delle firme fasulle

Finora il botta e risposta si era consumato in differita, a mezzo stampa e a suon di conferenze e di ironia social. Ma ora il caso delle firme fasulle comparse in calce alla petizione sulla sicurezza e sul decoro urbano, promossa da Fratelli d’Italia, entra in Aula. A portarlo all’attenzione della Giunta è la platea di maggioranza, con in prima linea il capogruppo del Pd, Roberto Omodei, colui cioè che ha presentato la richiesta di accesso agli atti che ha fatto emergere le anomalie.
«Tramite accesso agli atti, si è verificato che gli uffici della Segreteria generale, con il supporto del settore Servizi demografici, hanno rilevato numerose irregolarità» ricorda infatti Luca Pomarici (Azione). In particolare, gli uffici hanno rilevato «l'esistenza di firme apposte da persone decedute, anche in tempi risalenti, o emigrate da tempo, da soggetti che per sommarie informazioni hanno disconosciuto la propria firma, nonché di firme, all'apparenza, non genuine in quanto replicate con i medesimi tratti calligrafici».

Di più: la nota di accompagnamento alla petizione nulla attesta «in merito ai tempi e modalità della raccolta firme, le quali, peraltro, non risultano corredate dagli elementi idonei ad attestarne la validità».
Dalle 1.371 firme raccolte (e protocollate il 17 settembre, dopo una conferenza stampa convocata dal partito della premier sotto Palazzo Loggia) ne erano già state tolte circa 200 di persone non residenti in città. Oltre a queste, se ne contano una trentina non valide, tra le quali – secondo la Segreteria generale – alcune sembrano replicare gli stessi segni grafici. La richiesta del centrosinistra è diretta: «Qual è l’esito dell’istruttoria degli uffici? E quali provvedimenti intende prendere l’Amministrazione di fronte a queste irregolarità?». Tradotto: la petizione verrà invalidata oppure no?

Nessuna replica

Tutte domande, queste, che hanno mandato su tutte le furie i consiglieri seduti tra i banchi dell’opposizione, sugli scudi perché lo strumento dell’interrogazione (che prevede solo un faccia a faccia tra chi illustra la richiesta e la Giunta) non consente loro di ribattere: «Prendo atto che si limita la libertà di espressione» insorge Carlo Andreoli.

La risposta istituzionale è del vicesindaco Federico Manzoni: «L’attività si è articolata su due livelli: quella sul numero delle firme e quella più approfondita sulle sottoscrizioni. Sono state rilevate numerose irregolarità, tra cui persone decedute, non iscritte in nessuna anagrafe, o che hanno disconosciuto la sottoscrizione. Per questo si dubita dell’ammissibilità della petizione. Il primo firmatario ha richiesto un incontro, cui ha partecipato anche il consigliere Carlo Andreoli, che ha dichiarato di essere intenzionato a dimostrare l’autenticità di almeno un centinaio di firme. Siamo ancora in attesa: evidentemente – ironizza Manzoni – l’impresa si sta rivelando più complicata del previsto».

Aggiunge Omodei: «Le petizioni sono uno strumento esterno alla politica e a disposizione dei cittadini e delle associazioni. Nel momento in cui chi siede in Consiglio si appropria di questo strumento fa un danno alla democrazia e alla città perché occupa un pezzo di campo che dovrebbe essere dei cittadini. Se anche si decide di utilizzare questo strumento, però, che lo si faccia almeno con rigore e, soprattutto, con serietà anche verso quei cittadini che a quelle istanze credono. La superficialità comporta una responsabilità, che è in capo ai promotori».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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