Tempi d’attesa in calo: a Brescia il braccialetto elettronico funziona

Uno strumento che funziona. Sia in chiave repressiva, dato che permette di accertare rapidamente eventuali violazioni delle misure, sia in chiave preventiva dato che consente un tempestivo intervento delle forze di polizia, anche senza che la potenziale vittima chieda aiuto. E comunque un apparato che sta diffondendo una maggiore percezione di presenza, controllo e tutela delle vittime. E per cui, negli ultimi mesi, nel territorio bresciano, non si rilevano criticità e neppure aumenti delle violazioni rilevate. All’indomani delle dichiarazioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio su alcune criticità nell’utilizzo quotidiano («non si concilia con i tempi delle forze dell’ordine») il tema dell’efficacia del braccialetto elettronico nella prevenzione di femminicidi, maltrattamenti e stalking è tornato di assoluta attualità. A Brescia la quasi totalità dei dispositivi applicati è gestita dall’Arma dei carabinieri.
I dati
Al 16 maggio il comando provinciale di piazza Tebaldo Brusato ha in carico 274 dispositivi, di cui 144 sono nelle mani di potenziali vittime, 83 sono addosso a persone che si ritiene possano avere comportamenti violenti o aggressivi, e i restanti 47 sono stati applicati a persone che stanno scontando periodi di detenzione agli arresti domiciliari. Il numero più alto delle potenziali vittime è presto spiegato: un solo stalker ha purtroppo in molti casi più di una vittima, l’esempio classico è quello dei maltrattamenti su moglie e più figli.
Il monitoraggio
La Procura della Repubblica di Brescia, con il proprio dipartimento dedicato ai soggetti deboli affidato al procuratore aggiunto Nicola Serianni, monitora costantemente il funzionamento degli strumenti di prevenzione e dà una valutazione positiva dell’impatto complessivo. Tra ottobre 2024 e maggio 2025 infatti il numero di dispositivi attivi è cresciuto del 27% passando da 216 a 274. Un altro numero che rende bene l’idea della operatività concreta dello strumento è quello che riguarda i falsi allarmi ma che Procura e forze di polizia leggono in positivo. Nel corso dell’ultimo anno ci sono state 10mila segnalazioni automatiche ma di queste solo 10 si sono tradotte in necessità di intervento per un concreto pericolo per la vittima.
Gli interventi
In gran parte i falsi allarmi, che comunque le centrali delle forze di polizia verificano scrupolosamente contattando le persone tutelate o inviando pattuglie sul posto, sono dovuti a problemi di rete e di copertura del segnale. In altri casi i falsi allarmi si verificano in contesti territoriali ristretti dove non è sempre possibile transitare rispettando i 500 metri di distanza, o ancora in contesti urbani densamente popolati in cui in 500 metri lineari si possono trovare decine di edifici e centinaia di persone.
Le parole di Nordio

Rispetto poi alle dichiarazioni del ministro Nordio, vengono ritenute indicazioni di buon senso, per affiancare comportamenti attivi di autotutela all’intervento delle forze di polizia. Quando si subisce una aggressione il malintenzionato conta spesso sull’effetto sorpresa. Con un avviso da parte del dispositivo elettronico la persona potenzialmente vittima ha comunque il tempo per provare a mettersi in sicurezza. La segnalazione comunque viene gestita dalle centrali di pronto intervento, che hanno sempre pattuglie in movimento sul territorio, e il tempo di intervento è comunque circoscritto a pochissimi minuti. Nelle prime settimane di applicazione del braccialetto elettronico il problema più consistente era stato quello dell’esiguo numero di strumenti disponibili e dei lunghi tempi di installazione: è infatti necessario che un tecnico dell’azienda fornitrice effettui un sopralluogo e una installazione. Nel corso dei mesi però i tempi si sono ridotti e ora tra il provvedimento del giudice che ne decreta l’applicazione e l’effettiva entrata in funzione passano solamente pochi giorni.
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