Bombe israeliane contro Al Jazeera, uccisi 6 cronisti: «Crimine di guerra»

La Redazione Web
È sdegno internazionale per ciò che è successo negli scorsi giorni a Gaza. L’agenzia delle Nazioni Unite ha condannato l'uccisione mirata dei giornalisti definendola una «grave violazione del diritto internazionale umanitario»
Il funerale dei giornalisti palestinesi uccisi in un attacco israeliano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il funerale dei giornalisti palestinesi uccisi in un attacco israeliano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Ennesima strage israeliana a Gaza, dove un raid ha centrato la tenda che ospitava sei giornalisti di al Jazeera, una delle poche emittenti che trasmette dalla Striscia già presa di mira dall'esercito di Tel Aviv. Che rivendica: Anas al-Sharif, uno dei volti più noti tra i cronisti uccisi, era un «terrorista» che «ha mascherato la sua identità agendo sotto mentite spoglie». In realtà – si sostiene – era «a capo di una cellula di Hamas». Una tesi che ha scatenato le critiche dell'Onu, delle organizzazioni dei giornalisti e della comunità internazionale. Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito «inaccettabili» gli attacchi ai giornalisti.

La tenda dove si trovava Sharif, 28 anni, assieme all'altro corrispondente Mohammed Qreiqeh, i cameraman Ibrahim Zaher e Mohammed Noufal, il producer Moamen Aliwa e il fotoreporter Mohammed Al-Khaldi, è stata colpita nel corso di una notte segnata da massicci bombardamenti israeliani. «Breaking news: intensi e concentrati bombardamenti israeliani con l'uso di “cinture di fuoco” stanno colpendo le zone orientali e meridionali della città di Gaza» ha scritto su X Sharif poco prima di morire. Poi i suoi colleghi hanno pubblicato il suo «testamento», scritto lo scorso aprile: «Vi affido la Palestina, vi affido il suo popolo, i suoi bambini innocenti e oppressi che non hanno mai avuto il tempo di sognare o di vivere in sicurezza e pace».

I residenti di Gaza hanno raccontato una notte da incubo, un diluvio di fuoco, il più intenso delle ultime settimane: carri armati, artiglieria e caccia israeliani hanno bombardato Sabra, Zeitoun e Shejaia, tre sobborghi orientali di Gaza City, nel nord del territorio. Il timore, o il terrore, dei palestinesi è che questi siano i primi segnali dell'offensiva annunciata da Benyamin Netanyahu per assumere il controllo di Gaza City. Alcuni funzionari di Tel Aviv hanno però rivelato che «l'operazione potrebbe richiedere settimane prima di iniziare». L'evacuazione dei civili «potrebbe essere completata solo entro l'inizio di ottobre», hanno detto coperti dall'anonimato alla Reuters.

La condanna

Intanto è bufera: l'agenzia delle Nazioni Unite per i diritti umani ha condannato l'uccisione mirata dei giornalisti definendola una «grave violazione del diritto internazionale umanitario». Il Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti (Cpj) ha ammonito che prendere di mira i cronisti «è un crimine di guerra». Anche il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti italiani ha fatto sentire la sua voce: «L'ennesima uccisione di giornalisti a Gaza è un atto vile e spietato perpetrato dall'esercito israeliano che mira a chiudere tutti i canali di informazione».

Bordate sul governo Netanyahu che arrivano nelle stesse ore in cui è stato diffuso dall'ong israeliana B'Tselem un nuovo video dell'uccisione, il 28 luglio in Cisgiordania, dell'attivista palestinese Awdah Hathaleen, noto anche per aver partecipato al documentario premio Oscar «No Other Land». Nella drammatica sequenza girata dallo stesso attivista si vede il colono accusato dell'omicidio ma rilasciato per mancanza di prove che gli spara, uccidendolo.

Mentre monta la rabbia, i palestinesi continuano a morire di fame: 5 le vittime nelle ultime 24 ore, 222 dal 7 ottobre 2023, quasi la metà bambini. Altre vittime si contano nei raid odierni, in un attacco aereo è stata sterminata un'intera famiglia di otto persone nel quartiere di al-Zeitoun, a sud-est di Gaza City. Un massacro quotidiano che fa salire la tensione anche in Israele, teatro di dimostrazioni sempre più ampie a favore della fine della guerra.

Da ultimo un gesto clamoroso: il Muro del Pianto è stato vandalizzato con una scritta in ebraico: «C'è un olocausto a Gaza», recita nel luogo più sacro dove agli ebrei è consentito pregare. La condanna è arrivata da tutti i fronti, dal rabbino Shmuel Rabinovitch al ministro Ben Gvir, ma anche dall'opposizione, Benny Gantz lo ha definito «un crimine contro l'intero popolo ebraico».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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