Brescia ricorda Rebecchi, leader gentile che credeva nelle persone
A volte è difficile trovare le parole per descrivere una personalità che ha lasciato un segno indelebile come Aldo Rebecchi. Eppure per gli esponenti istituzionali, i rappresentanti del mondo sindacale e imprenditoriale – che si sono riuniti oggi alla Fondazione Micheletti per un incontro «tra amici» organizzato in collaborazione con il Musil (Museo dell’industria e del lavoro) – il linguaggio della memoria sembrava fluire immediato, ricordandolo nel quarto anniversario della scomparsa. Sindacalista mediatore, amministratore responsabile, politico lungimirante e, per molti, soprattutto «un amico sincero».
I ricordi
«Una figura indimenticabile – commenta Ettore Fermi, presidente della Fondazione Luigi Micheletti –, che ha dato un fondamentale contributo sia all’attività della Micheletti, di cui è stato alla guida per oltre un decennio, sia alla nascita del Musil, del cui Consiglio d’indirizzo ha fatto parte dal 2009 e di cui valorizzò il ruolo per l’identità di Brescia quale città industriale».
Francesco Fontana, presidente del Musil, era molto giovane quando conobbe Rebecchi: «Era appena diventato onorevole e mio zio Sandro era stato eletto in Senato. Li accomunava un’idea della politica molto alta, che, in Aldo, si traduceva in una solidità dei valori, in una visione d’insieme ampia ed una estrema determinazione nell’affermare le proprie posizioni, pur nella pacatezza dei modi».
Lavoro
Rebecchi ha davvero segnato la vita politica e sociale, bresciana e nazionale. Deputato in quattro legislature, è stato membro delle Commissioni Lavoro e Attività produttive. Emerge il ritratto di una persona dotata di un «pragmatismo illuminato» e di un apprezzamento per la cultura del lavoro. Marco Bonometti, titolare di Omr, ripercorre la storia di un’amicizia: «Aldo è esempio di come si possa instaurare un rapporto umano anche con interessi differenti – racconta l’imprenditore –. Ci conoscemmo 45 anni fa, quando ero presidente dei Giovani industriali. Un amico leale, un alleato dal punto di vista professionale, con cui era possibile trovare soluzioni in momenti critici: così quando si dovevano salvaguardare gli equilibri energetici di A2A, che egli considerava non un’azienda ma un patrimonio collettivo o quando negli anni ’80 e ’90 fece opera di mediazione con il mondo metalmeccanico».
Rebecchi fece anche molto altro, tra cui condurre nel 2014 la cordata bresciana per rilevare la gestione del Brescia Calcio. Molto attivo a livello sindacale, fu inoltre al timone della Camera del Lavoro di Brescia dal 1979 fino al 1987, e l’attuale segretario generale Francesco Bertoli serba il ricordo di un notevole equilibrio nella sua gestione degli accordi col sindacato ed i lavoratori.
Politica
A chiudere la carrellata di testimonianze è Emilio Del Bono, vicepresidente del Consiglio regionale in Lombardia: «Aldo era un leader, con una leadership gentile fatta di grande umiltà, molto diversa da quella muscolare che raccontiamo alle nuove generazioni. Il suo carisma nasceva dalla capacità di intessere relazioni. Per comprenderne la vocazione politica, bisogna pensare alla sua biografia: non aveva mai dimenticato le radici popolari; era nato al Violino, allora uno dei quartieri operai ed egli stesso aveva cominciato da ragazzo a lavorare come operaio, per poi prendere il diploma di perito industriale studiando la sera all’Itis».
Di Aldo Rebecchi, l’ex sindaco di Brescia rammemora anche l’impegno nelle autonomie locali (fu tra l’altro vicepresidente della Provincia e successivamente consigliere tra i banchi dell’opposizione). E quell’autentico amore per il territorio, che mai l’aveva abbandonato, tanto che il Premio Brescianità conferitogli dall’Ateneo di Brescia nel 2019 era il riconoscimento, egli stesso diceva, «che mi ha reso più orgoglioso».
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