Il ricordo di Aldo Rebecchi, la politica come mitezza e mediazione

Del Bono: «Infaticabile artigiano del compromesso»
La figlia Francesca ieri durante il suo intervento -  © www.giornaledibrescia.it
La figlia Francesca ieri durante il suo intervento - © www.giornaledibrescia.it
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Aldo Rebecchi ha lasciato «un vuoto incolmabile» non solo nella sua famiglia e nei suoi amici. «Una figura come la sua, manca all’intera città». Ad un anno esatto dalla morte (6 dicembre 2021) Brescia ha voluto ricordare questo «infaticabile artigiano del compromesso» come lo ha chiamato il sindaco ed amico Emilio Del Bono.

«Un uomo del dialogo e della mediazione», tessitore di rapporti, capace di smussare i contrasti e trovare soluzioni. Sempre pronto all’ascolto, vedeva nelle diverse posizioni «il punto di partenza per costruire ponti». Il ricordo si è sviluppato in due momenti, entrambi in Loggia. Prima il convegno sull’impronta che Rebecchi ha lasciato negli ultimi 50 anni nella storia della città; poi il ricordo in musica, immagini e parole in Vanvitelliano, con il sindaco, l’amatissima figlia Francesca e letture di Luciano Bertoli.

La storia

Cosa ha rappresentato Rebecchi per Brescia? Nessuno come lui è stato sinonimo di dialogo. «Era capace di varcare i confini della propria appartenenza alla continua ricerca di nuovi equilibri» ha ricordato Paolo Corsini. Ha saputo coniugare «dialogo sociale e sviluppo del territorio», come dice il Premio alla brescianità ricevuto nel 2019 e a cui lui teneva tantissimo.

Sindacalista, ha guidato la Camera del Lavoro dal 1979 al 1987. Anni difficili, tra la strage di Brescia e il referendum sulla scala mobile. Anni in cui presidente di Confindustra era Luigi Lucchini e Giorgio Cremaschi guidava la Fiom di Brescia. Dal 1987 al 2001 Rebecchi è stato deputato del Pci, del Pds e infine del’Ulivo e tra il 1994 e il 1999 vicepresidente della Provincia nella giunta guidata da Andrea Lepidi.

Il sindaco Emilio Del Bono in Vanvitelliano -  © www.giornaledibrescia.it
Il sindaco Emilio Del Bono in Vanvitelliano - © www.giornaledibrescia.it

«Nel 1989, al crollo del muro, fu tra i più convinti della necessità di una svolta del Pci per dar vita a una forza riformista di governo - ha ricordato Franco Tolotti -. E poi, nel 2007, vide nel Pd l’occasione di incontro di forze politiche diverse». La politica come incontro e confronto.

Non a caso i suoi riferimenti bresciani erano Italo Nicoletto (Pci) e Bruno Boni (Dc). Una politica sempre fatta con «rispetto» e «mitezza», lontana da quella muscolare e gridata di oggi. Negli ultimi 15 anni si è dedicato alla Loggia, consigliere d’opposizione dopo la sconfitta del centrosinistra del 2008 (fu tra gli artefici della mozione per il superamento del duale di A2A), nel 2011 lanciò la ricandidatura di Del Bono, di cui poi guidò lo «staff dei saggi».

Impossibile parlare di Rebecchi senza la Fondazione Micheletti e il Musil. «Attento agli equilibri economici» e «gestore del quotidiano», insieme a Pier Paolo Poggio ha allargato la missione della Michelettti da «archivio della resistenza a centro studi e documentazione del ’900». Il Musil è per certi versi la sintesi dei suoi «mondi»: il lavoro, l’industria, la storia, la brescianità. Non ha potuto vedere la sede di Brescia.

«Se l’industria bresciana ci crede, deve dare un segnale. Il Musil deve essere la vetrina della cultura e del lavoro» ha ammesso Marco Bonometti. L’ex numero uno di Aib ha poi ricordato «la capacità di analizzare i problemi e proporre soluzioni sostenibili» tipica di Rebecchi, la sua attenzione al mondo delle imprese. Ma anche la sua passione per il Brescia Calcio e il «salvataggio» della società orchestrato nel 2015 proprio da Rebecchi e Bonometti.

Infine l’amore per la moglie Giuditta, la cui morte è stata per Rebecchi «una ferita profondissima e irreversibile» ha detto la figlia Francesca. «Le città sono fatte di relazioni, scelte, mediazioni. Aldo è stato un costruttore nella stagione dei demolitori e degli urlatori - ha detto Del Bono -. Grazie Aldo, Brescia ti sarà sempre riconoscente».

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