Francesco e Leone, i due papi del 2025: «poveri» e «pace» le parole-guida

Il 13 marzo 2013, alla sua prima apparizione qualche ora dopo la fumata bianca che ne annunciava l’elezione a successore di Pietro, affacciandosi sulla loggia della basilica di San Pietro, Jorge Mario Bergoglio diventato papa Francesco si presentò con un semplice buonasera. Era l’irrituale e sorprendente inizio di un pontificato per moltissimi aspetti, irrituale e sorprendente. Un pontificato arrivato dopo la rinuncia di Benedetto XVI. Quelli di Bergoglio sono stati dodici anni intensissimi alla guida della Chiesa cattolica che si sono conclusi alle 7.35 del 21 aprile: il pontefice argentino è morto in quella Casa Santa Marta dove ha sempre vissuto fin dai giorni del conclave, rifiutando di trasferirsi nel palazzo apostolico.
A marzo c’era stato il peggioramento delle sue condizioni di salute per una polmonite bilaterale: Bergoglio è rimasto ricoverato ben 38 giorni al Policlinico Gemelli, giornate durante le quali più volte si era temuto il peggio. A sorpresa, il 23 marzo le dimissioni. Pur in condizioni molto precarie, papa Francesco aveva gradualmente ripreso l’attività; il giorno di Pasqua aveva fatto il giro di piazza San Pietro in papamobile per quello che sarebbe stato l'ultimo bagno di folla: le condizioni del pontefice, provato e con poca mobilità, avevano impressionato il mondo. Il decesso il mattino successivo, lunedì dell’Angelo.
Una casa per tutti
«Filo conduttore della sua missione è stata la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte – ha sottolineato il cardinale Giovanni Battista Re durante il funerale in piazza San Pietro –. Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come “ospedale da campo” dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti; una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di credo e condizione, curandone le ferite. Innumerevoli i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi. Costante anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri».
Anche dopo la morte papa Bergoglio ha voluto distinguersi: riposa infatti a Santa Maria Maggiore e non nelle grotte vaticane. Dopo la sepoltura è iniziato il percorso verso il conclave, un percorso guidato dal cardinale decano, il bresciano Giovanni Battista Re, ultranovantenne, che solo pochi mesi prima Bergoglio aveva confermato nell’incarico, sicuramente perché consapevole delle sue condizioni e animato dal desiderio di lasciare un compito così delicato nelle mani di un porporato esperto come nessuno dei meccanismi che regolano la vita della Chiesa.
Il nuovo Papa
Alle 18.08 dell’8 maggio, mentre tutto il mondo stava guardando il comignolo sopra la Cappella sistina, la fumata bianca annunciava l’elezione del successore di Pietro; dopo un’ora veniva solennemente pronunciato l’habemus papam: i cardinali avevano eletto Robert Francis Prevost; ancora un po’ d’attesa ed ecco Leone XIV che si affacciava per la prima volta al mondo. Come ci ha raccontato proprio il cardinale Re, il nuovo Papa è un uomo mite, di grande equilibrio e vicino alla gente. Ha scelto il nome in ricordo di Leone XIII, il pontefice che con la storica enciclica Rerum novarum affrontò la questione sociale nel contesto degli inizi della grande rivoluzione industriale di fine ’800.
Leone XIII pose le basi della dottrina sociale della Chiesa e difese la dignità di ogni persona e i diritti dei lavoratori. Anche il tempo attuale non è facile. La Chiesa è chiamata a rispondere ad un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, questo comporta nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia, del lavoro e della pace.
Dopo otto mesi abbiamo imparato a conoscere meglio questo pontefice nato nei ricchi Stati Uniti ma con lo spirito missionario nel Dna. Uno stile diverso dal suo predecessore ma con le stesse parole guida: poveri e pace.
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