«Ho la 104 per assistere mio padre, ma in ufficio passo per un lavativo»

La vita scorreva via veloce, tra lavoro, figli, casa, il calcetto del lunedì, le cene con gli amici, le ferie al mare e qualche weekend a sciare. Poi improvvisamente tutto si è spezzato, tutto si è ingarbugliato e quello che prima era un piacevole stile di vita, è diventato un incubo.
Il papà si è ammalato, poi è divenuto non autosufficiente allettato e i fattori elencati poc’anzi si sono trasformati in badanti, ospedali, visite mediche, turni a casa dei genitori nel fine settimana, telefonate per cercare soluzioni a problemi prima mai considerati, pannoloni, assistenza domiciliare e tutto il resto.
«Ora le ferie si consumano al capezzale o in giro per ogni genere di necessità – racconta Angelo, figlio caregiver –. Ad aiutare un po’ c’è la 104, che per tre giorni al mese mi permette di assentarmi dal lavoro per assistere mio padre. Una piccola manna, che rischia però di trasformarsi in un boomerang, perché sul lavoro chi utilizza questa agevolazione è spesso visto di sottecchi, quasi un lavativo. Eppure, quelle ore sottratte al mio impiego non sono certo di riposo, passate a supplire il giorno libero della badante, a fare spese e comprare medicine, se non in ospedale nel turno di notte. E poi il giorno dopo il lavoro è da recuperare, mica me lo fa qualcun altro. È frustrante, perché già c’è la preoccupazione per una situazione precaria in casa e sul lavoro si vive questo stigma».
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