Quell’eroe che nei momenti che contano è sempre presente

La statua di San Carlo Borromeo, un baluardo «a difesa» della città e degli abitanti di Salò
Si narra che, durante una pestilenza, la statua si «girò» per tenere lontana l’epidemia
Si narra che, durante una pestilenza, la statua si «girò» per tenere lontana l’epidemia
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È cosa nota come Carlo Borromeo arcivescovo di Milano fosse un grande appassionato di visite pastorali. Andò dappertutto, in ogni angolo della sua diocesi, e controllò con minuzia ogni chiesa, dipinto, fonte battesimale, altare, muro, tetto. Non agiva mai da lontano o ascoltando fonti riferite, andava sempre di persona. Voleva che le cose funzionassero bene, questa era la sua missione. Intanto non si dimenticava delle persone, mai. Non a caso è un Santo molto amato. Sempre in vacanza? No, sempre all’opera.

Non era uno spasso nel Cinquecento raggiungere luoghi remoti nelle valli lombarde, incluse quelle bresciane, eppure lui non si scoraggiava. Nei suoi giri giunse anche a Salò, città di cui lui, nato ad Arona sul Lago Maggiore, è patrono. Come mai?

Nel 1576-77 si era diffusa un’epidemia di peste, definita «Peste di San Carlo», che il cardinale aveva aiutato con ogni mezzo a combattere e a causa della quale dovette rimandare il programmato soggiorno nella Magnifica Patria, il quale avvenne dal 24 luglio al 7 agosto 1580, periodo in cui egli analizzò tutte le chiese e «bacchettò» i costumi troppo rilassati del clero locale. Quando fu proclamato Santo, a 26 anni dalla morte, avvenuta nel 1584, i salodiani lo elessero a patrono della città ed eressero una statua in suo onore.

Ma le pestilenze, si sa, si susseguono e nel 1630 ce ne fu un’altra (quella manzoniana). Fatto sta che un giorno i salodiani si riunirono in Duomo e supplicarono il loro Santo di risparmiarli. E la scultura di Carlo Borromeo il giorno seguente, al posto di dare le spalle come prima alla porta della città, si era voltata verso di essa, con la mano destra in avanti a significare al male di starsene lontano. La pandemia cessò e la statua fu lasciata nella posizione in cui non si sa chi né cosa avesse deciso di metterla. E, pur in seguito spostata nei pressi della Torre dell’Orologio (ingresso monumentale alla città) e rifatta due volte (nel Seicento e nell’Ottocento), San Carlo, dalla cima di un basamento sovrastato da un’orgogliosa colonna, è ancora lì a proteggere Salò.

Sotto, una dedica. «Questo monumento cui la patria rifece al divo Borromeo dirà ai futuri qui fu doma la rabbia dell’indico morbo qui rifulse il potere di chi la patria protesse».

Quando, passeggiando in questo angolo di meraviglia, lo incontrate (e lo incontrerete di sicuro), riflettete su un Uomo che riusciva a tenere lontani contagio, malattia, bruttura. Un Uomo che ha percorso migliaia e migliaia di chilometri. Questa del miracolo della statua girata sarà pure una leggenda, ma resta il fatto che la vera leggenda sono quelli come lui, che, nei luoghi e nei modi più imprevisti, quando c’è bisogno di loro ci sono e se è necessario riescono persino a spostare le pietre con il pensiero. Alzate lo sguardo e ammirate Carlo, uno che sollevava il braccio solo per salvare vite.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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