Nella chiesa cittadina di San Nazaro e Celso, l'opera metafora di un nuovo inizio

«Risorgere significa ricominciare»: è il «messaggio» del Polittico Averoldi, l'opera di Tiziano Vecellio, in cui Gesù cammina sulle nuvole
La parte alta del Polittico Averoldi, opera di Tiziano, nella chiesa dei Santi Nazario e Celso a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
La parte alta del Polittico Averoldi, opera di Tiziano, nella chiesa dei Santi Nazario e Celso a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Non c’è molta scelta, se vuoi risorgere prima devi morire. Deperire, spegnerti, schiantarti, essere ucciso, martoriato e anche crocifisso. Le opzioni sono infinite, il risultato uno solo: non ci sei più. Difficile abituarsi all’idea, mentre si è vivi. Impensabile considerare un’agonia o un trapasso improvviso, in giorni in cui si era previsto di fare tutt’altro. Eppure funziona così.

È meraviglioso pensare alla possibilità di rialzarsi da tutto, anche da ciò da cui si ritiene impossibile sopravvivere, come per esempio la morte. Ma come sarebbe bello uscire da una condizione diciamo così estrema? Mezzi o per tre quarti derelitti e ansimanti per la fatica oppure come se niente fosse, possenti ed energici come mai prima?

Parrocchia dei santi Nazaro e Celso a Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Parrocchia dei santi Nazaro e Celso a Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

L'opera

Il Polittico Averoldi nella chiesa di San Nazaro e Celso a Brescia ha la risposta che ciascuno augura a se stesso, prima che a chiunque altro. In questo dipinto di Tiziano Vecellio c’è un Gesù in piena forma che sta parecchi metri sopra il cielo (chi si aspetterebbe di meno da uno che cammina sulle acque?) e allunga un braccio muscoloso verso il mondo. Verso noi poveri mortali, forse. Verso la sua mamma, alla sua sinistra, e, più sotto, verso un San Sebastiano bello e palestrato quanto lui, per quanto trafitto secondo la classica iconografia. Alla sinistra c’è l’angelo preposto all’annunciazione (la giovane Madonna è rappresentata nel momento che cambierà la sua esistenza) e sotto i santi Nazario e Celso, defilati nel buio come del resto gli altri soggetti, che interessano poco.

Chi non vorrebbe prodursi in prodigi di levitazione con la sicurezza di quel Gesù, a chi non piacerebbe morire con la decorosa e possente rassegnazione di San Sebastiano, qui colpito da una sola freccia, come se si trovasse all’inizio del martirio e non avesse ancora perso una sola goccia di sangue? Anche il Cristo risorto non ha più ferite. Certo che non ne ha, perché risorgere alla fine è un gran bel modo per guarire. Simboleggia il momento in cui torniamo indietro dalle malattie, dal male, dalle brutture e dall'inverno. Quando ci sentiamo in qualche modo rimarginati e pronti a ricominciare.

Quel Gesù e quel San Sebastiano si assomigliano davvero tanto. Sembrano proprio fratelli, quasi gemelli. D'altronde il presupposto della resurrezione è la sofferenza e quando sai ciò che va fatto e lo fai, possono abbatterti quanto vuoi ma tu, pur martirizzato fino al limite della sopportazione, hai la stessa faccia di chi, avendo subito la tua stessa sorte, ora cammina sulle nuvole. Un genio come Tiziano non poteva non saperlo. Alla fine è tutto molto semplice. Che ci serve in più per capirlo?

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