L'enigmatica Mappa di Bedolina, una delle rocce incise più famose al mondo

A Capo di Ponte il parco Seradina-Bedolina custodisce le misteriose «geometrie» disegnate da artisti ignoti nell'età del Ferro
La Mappa di Bedolina è uno dei tesori di Capo di Ponte, scoperto quasi novant'anni fa - © www.giornaledibrescia.it
La Mappa di Bedolina è uno dei tesori di Capo di Ponte, scoperto quasi novant'anni fa - © www.giornaledibrescia.it
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La Mappa di Bedolina è una delle rocce incise più famose al mondo. Ci troviamo di fronte a un elaborato disegno a tratto entrato nell’immaginario moderno come esempio di raffigurazione del territorio. Una specie di carta geografica, però simbolica: intende infatti descrivere non un luogo reale, bensì il concetto di terra abitata così com’era nell’idea di questi uomini.

Ebbene sì, è arte astratta, metafisica pura. È agli antipodi delle scene narrative di Naquane: là sono descritti episodi di vita quotidiana, qui è tutto un gioco di geometrie. Ormai chiunque può vedere qualsiasi luogo attraverso le cartine satellitari presenti su internet. Ma allora, nell’età del ferro, cioè quasi tremila anni fa, non era così automatico riuscire a immaginare qualcosa visto dall’alto. I camuni invece ci riuscivano.

Le Mappe di Bedolina

Siamo a Capo di Ponte, nel parco di Seradina-Bedolina, che ha bei prati da pic-nic e anche qualche pianta grassa, perché sul versante in cui si trova, quello occidentale, fa più caldo. Scoperta nel 1932, la Mappa, cioè la Roccia 1, grande circa 5 metri per 3, è la più celebre (tra l’altro sopra di lei è incisa una rosa camuna, l’unica attualmente visibile in questa zona in un luogo attrezzato), ma ha alcune sorelle che vivono vicino a lei. Come la Roccia 7, che è grande almeno il doppio, sta a dieci metri di distanza ed è stata scoperta solo nel 2005. Quindi in teoria non dovremmo parlare della Mappa, ma delle Mappe di Bedolina, ognuna con centinaia di figure che s’intersecano e sovrappongono, in un labirinto di cui sfugge la logica, che però c’è.

La struttura generale ricorda un Lego a due dimensioni: esistono moduli che si ripetono, come il quadrato con all’interno pallini ordinati in file e le linee che collegano i quadrati tra loro. I quadrati sono i campi e le linee i sentieri, entrambi ripetuti in modo ridondante, perché è evidente che sono più di quelli che dovevano esserci allora nella valle, più anche di quelli che ci sono adesso. Forse è qualcosa legato alla matematica, però poi si scopre che il numero di pallini nei quadrati cambia ogni volta. Insomma, più si crede di aver capito più il senso sfugge.

Chi ha creato queste opere?

Tre o quattro persone al massimo, poiché si tratta di un episodio ristretto nel tempo e nello spazio. Avevano un intento artistico? Forse no, ma resta il fatto che incisioni fatte in questo modo esistono solo qui e che anche oggi cercare di riprodurle non è semplice. Uniche e inimitabili, quindi. Ma anche enigmatiche, oltre che enigmistiche. Sono dove le hanno pensate quelli che le hanno fatte e sembrano immagini della Terra vista da un’astronave. Chissà, forse sono lì a indicarci la rotta per tornare a casa.

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