La Danza Macabra dipinta sul muro dell’Oratorio dei Disciplini di Clusone
Anche questa rubrica partecipa con un apporto specifico all’anno di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023, e lo fa attraversando l’Oglio per «spedire» ai lettori bresciani qualche cartolina anche dalla terra orobica. La Danza Macabra dipinta sul muro esterno dell’Oratorio dei Disciplini di san Bernardino a Clusone sembra assurdo ma dà il suo meglio nel sole di fine estate. Per la luce che sottolinea le forme gentili di una struttura dal delicato portico, per la pace che irradia da questo affresco, fatto per dirci quanto la vita, avendo per regola un limite temporale, debba esserci cara.
Tale pittura viene da un tempo in cui epidemie e carestie avevano insegnato agli uomini qualcosa che si tende a dimenticare, ovvero quanto il confine tra questo mondo e l’aldilà sia labile. Oggi ci fermiamo qui dove tutto si ferma e dove, in una danza, eppur tutto si muove.
L'affresco
In alto spicca il Trionfo della Morte, rappresentato da uno scheletro a omero, radio e ulna aperti per accogliere tutti. È lei, la Morte Regina, con corona e mantello, colei a cui nessuno può sfuggire. Brandisce quattro cartigli che parlano della sua ineluttabilità, ma anche della vita eterna che attende chi segue giustizia e bene. C’è una data, 1485, l’anno di esecuzione. Sotto i piedi ossuti della Nera (qui Bianca) Signora sta un sepolcro con papa e imperatore defunti circondati da serpenti, scorpioni e rospi, mentre al suo fianco sono i suoi due fidati sgherri scarnificati, armati uno di frecce e l’altro di archibugio. Intorno gente di ogni rango, uomini e donne, le si avvicinano porgendo doni o contando con le dita i giorni che rimangono loro o pregando o piangendo. Ma lei non ci fa caso, ciò non fa parte del suo mestiere.
A sinistra la classica scena medievale dei tre cavalieri che, durante una battuta di caccia, incrociano la Trimurti sopra descritta. Uno si accascia colpito da una freccia scoccata da uno degli scheletri, un altro scappa senza voltarsi e il terzo fugge ma, come stregato, gira la testa per sbirciare colei che tutti falcia. Nella parte inferiore si dispiega la Danza Macabra, processione di creature di vario genere e censo (un medico, un paziente, un monaco, una donna che guarda nello specchio il riflesso del proprio cranio, un oste, un poeta), ognuna accompagnata dal proprio scheletro. Non c’è paura in loro, forse un po’ di magone all’idea di lasciare la vita, un po’ come quello che viene quando termina una vacanza. E dopo aver ballato con le proprie ossa alcuni vanno verso la salvezza, altri no.
Tra le due sezioni corre una scritta: «O ti che serve a Dio del bon core. Non avire pagura a questo ballo venire. Ma allegramente vene e non temire: poi chi nase elli convene morire». Chi ha un cuore buono non deve avere timore di unirsi a questo ballo, ma parteciparvi con allegria, perché chiunque nasca prima o poi deve andarsene. Così qualcosa che sembra tragico diventa un invito a gioire di ogni giorno più o meno di festa come se fosse l’ultimo, per imparare a divertirsi con più gusto e ad accettare ogni addio con più contezza e minor tristezza.
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