Il fascino del buio nella casa di Gabriele D'Annunzio al Vittoriale

Nella confusione di oggetti e arredi presenti nella dimora è possibile percepire e comprendere la personalità del vate
La Prioria del Vittoriale a Gardone Riviera, la casa di Gabriele D'Annunzio - © www.giornaledibrescia.it
La Prioria del Vittoriale a Gardone Riviera, la casa di Gabriele D'Annunzio - © www.giornaledibrescia.it
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La Prioria del Vittoriale è un posto scuro e tracimante di suppellettili. Era la casa di un poeta. Non è piccola, ma lo sembra per via dei pesanti arredi e della quantità di cose sparse ovunque. Il buio si spiega con la semi-cecità di Gabriele D’Annunzio, che aveva perso un occhio durante una delle sue imprese e in più era diventato fotofobico, mentre la messe di oggetti afferisce alla curiosità del soggetto, che collezionava di tutto.

La dimora esercita una fascinazione tutta sua. Aiuta la meravigliosa voce di Erica, la guida, che descrive le cose in un modo che lascia incantati. Sembra quasi che in qualche modo l’abbia scelta il padrone di casa, per quanto sia morto da ottant’anni. Nel marasma di oggetti assurdi, scritte improbabili, tendaggi pesanti, statue, pelli di felini scuoiati, in mezzo a questo troppo di tutto paradossalmente senti che ti manca qualcosa, percepisci l’insoddisfazione di chi è alla ricerca di una risposta importante. Quella che cerchiamo tutti.

Quante cose raccontano le due sale d’attesa, quella per gli ospiti graditi (pare una sacrestia, forse perché i veri amici sono qualcosa di sacro), e quella per i seccatori (dove Mussolini dovette aspettare per ore), il raffinatissimo bagno blu, la sala da pranzo con la tartaruga a capotavola che faceva le veci del proprietario con gli ospiti, la stanza con la mano rossa rinsecchita dove venivano accolti i molti creditori. Ma alla fine l’angolo che resta più impresso è la scrivania dove Gabriele trascorreva gran parte del tempo e dove fu trovato esanime dalla governante che portava il vassoio con la cena.

Lo «Scrittoio del Monco», dove Gabriele D'Annunzio curava la sua corrispondenza - © www.giornaledibrescia.it
Lo «Scrittoio del Monco», dove Gabriele D'Annunzio curava la sua corrispondenza - © www.giornaledibrescia.it

Si era circondato di oggetti e aveva creato attorno a sé una forma di culto, ma alla fine aveva lasciato la vita facendo ciò per cui era nato: scrivere da solo e in silenzio. Il vecchio poeta orbo che lavora in una stanza con poca luce è qualcuno di davvero così diverso dal D’Annunzio eroe, dall’esteta amante degli eccessi? Perché scegliersi una dimora in un meraviglioso parco vista lago e farla diventare un antro cupo? Si possono avere due personalità. Quella brava che ha imparato a gestirsi alla luce del sole e l’altra che abita in un posto scuro. Non è più cattiva, è fatta così.

Si esce dalla Prioria pieni di domande che pian piano si mettono in coda. Una coda confusa ma non banale. L’ingresso obbligato per la visita passa dall’anticamera dei visitatori sgraditi. Forse non è un caso. Viene spontaneo chiedere perdono per l’intrusione al padrone di casa, che è indubitabilmente ancora lì. Su una parete c’è scritto: «Niuna casa è sì piccola che non la faccia grande un magnifico abitatore». Sì, Gabriele, avevi proprio ragione.

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