Il David e il Golia che sono in tutti noi

«David con la testa di Golia», uno dei capolavori di Caravaggio, pittore di origini bergamasche, raffigura i tempi cupi e dolorosi che viviamo
Il «David con la testa di Golia» del Caravaggio
Il «David con la testa di Golia» del Caravaggio
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Anche questa rubrica vuole partecipare con un apporto specifico all’anno di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023, e lo fa attraversando l’Oglio per «spedire» ai lettori bresciani qualche cartolina anche dalla cugina terra orobica. Una città della cultura è fatta anche dagli uomini che sono nati o sono passati da lei, che ne hanno respirato l'aria, a volte sana a volte no.

Parlando della Bergamasca viene spontaneo pensare a Michelangelo Merisi, il quale, sebbene nato a Milano e vissuto in giro o in fuga, è universalmente noto con il nome del luogo d'origine dei suoi, Caravaggio. Figlio di un piccolo imprenditore edile e di una dama, tornò con i suoi al paese da piccolo, per via della peste. Lo immaginiamo mentre faceva lunghe passeggiate con il nonno nelle mattine di primavera. Ma il nonno muore di peste anche lui e alla fine è difficile, in specie quando si ha un grande talento, crescere in anni cupi di epidemie e guerre. Ne viene fuori un artista decisamente bizzarro e straordinariamente contemporaneo. Un maestro della luce che dipingeva il buio degli ambienti e dell'anima.

Il dipinto

Vita (folle), morte (prematura) e miracoli (artistici). Ci sono libri, film, serie tv. Tra i molti capolavori di questo pittore rivoluzionario uno è perfetto per illustrare i tempi confusi e dolorosi che stiamo attraversando e per descrivere ognuno di noi: David con la testa di Golia, conservato nella Galleria Borghese di Roma.

Michelangelo Merisi finì la sua breve e folgorante carriera in esilio, perché aveva ucciso. Certo, a un genio si perdona tutto. Soprattutto dopo morto. Lui invece non perdonò mai se stesso, visto che la testa mozzata di Golia è il suo autoritratto. Il viso è quello di un uomo devastato e tale si sentiva, anche se aveva solo 37 anni (sarebbe morto l'anno seguente). Anche Davide è un autoritratto, però di lui da ragazzo. Vittima e carnefice sono la stessa persona. Chi è Davide? Chi è Golia? Siamo davvero in grado di capire la differenza tra chi vince e chi perde, in questo mondo armato e insieme disarmato, attento e insieme distratto, colpevole e insieme innocente? Sulla spada di Davide c'è la sigla HAS-O-S, HumilitAS Occidit Superbiam, l'umiltà uccide la superbia, citazione che il pittore mutua da Sant'Agostino. Anche questo è un tema di attualità, essendo ormai oltremodo complicato distinguere gli umili dai superbi, i modesti dagli arroganti e a volte anche i buoni dai cattivi.

Il dipinto voleva essere un modo per chiedere al Papa la grazia, per comunicargli che aveva vinto il Michelangelo buono (la grazia arriverà, ma insieme alla morte dell'artista). Oggi ci racconta di come tutti siamo divisi in due, a volte David a volte Golia, e non sappiamo fino alla fine chi dei due prevarrà. Concetto semplice ed estremo nonché invito a pensarci dieci volte prima di decapitare qualcuno che potremmo essere noi stessi, a farlo senza esitazione quando si rende necessario e a sperare di non operare la scelta sbagliata. È inoltre un'esortazione, visiva e metaforica, a non perdere mai la testa. A tenerla attaccata al collo. Sempre.

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